Hollywood aspetta The Lost Daughter
Il film è tratto dal romanzo di Elena Ferrante. Nel cast il premio Oscar Olivia Coleman
di Flora Fiume
Di Elena Ferrante e della sua “Amica Geniale” se n’è parlato in lungo e in largo. La quadrilogia di Lila e Lenù, trasformata da Saverio Costanzo in serie internazionale, ha consacrato definitivamente la scrittrice catapultandola nel nazional popolare televisivo. In realtà molti ricorderanno un’altra celebre trasposizione cinematografica della Ferrante: “L’amore molesto”, che nel 1995 fu presentato a Cannes per la regia di Mario Martone. Non ha raccolto pari successo, invece, la pellicola di Roberto Faenza tratta da un altro suo romanzo, “I giorni dell’abbandono”, con una Margherita Buy perfetta nei panni di una moglie in piena crisi depressiva dopo essere stata lasciata dal marito. Chissà quale sarà la sorte del primo film hollywoodiano tratto dalla Ferrante. The Lost Daughter, tratto da La Figlia oscura, è un progetto in cantiere da un paio di anni, che vede l’esordio alla regia di Maggie Gyllenhaal.
L’attuale situazione non consente previsioni circa la data della sua uscita nelle sale cinematografiche. Si conoscono però i nomi delle due attrici principali. Il premio Oscar Olivia Coleman (nella foto), sarà Leda, mentre Dakota Johnson, bellissima modella e figlia di Melanie Griffith e Don Johnson, sarà la più giovane Nina. Leda ha quasi cinquant’anni, è divorziata e ha due figlie di cui si è sempre occupata con molta dedizione, ma non come del suo lavoro di insegnante di letteratura inglese, presso l’Università di Firenze. Quando le figlie oramai grandi decidono di trascorrere un periodo in Canada, con il padre, Leda deve affrontare una improvvisa solitudine. Che però, stranamente, non la addolora. Anzi. La lontananza delle figlie le dona una sensazione di libertà e leggerezza, per la quale si sente quasi imbarazzata. Decide quindi di trascorrere un periodo di vacanza al mare in un paesino del sud. Sulla spiaggia entra in contatto con Nina, la giovane madre di Elena, una bimba di tre anni. Tutte le cure che Nina dedica a sua figlia sono da quest’ultima riversati su Nani, una bambola a cui la bambina è particolarmente legata. L’osservazione del profondo legame tra Nina e sua figlia, fanno crescere in Leda un senso di insofferenza che si acuisce con la reazione disperata della bambina allorquando non trova più la sua bambola preferita.
Nelle pagine del testo si susseguono suggestioni che poi la Ferrante riproporrà nell’Amica Geniale, una su tutte, l’immagine della donna del sud che si emancipa andando ad insegnare all’università di Firenze e che per un motivo o per un altro si ritrova a fare i conti con quelle sue origini nascoste o addirittura rinnegate. Ma il vero motivo ricorrente delle storie della Ferrante, che ritroviamo anche in questa, è un altro. Tutti i suoi personaggi devono fare i conti con il proprio vissuto, i propri desideri, i propri fallimenti. Non esistono i buoni da una parte e i cattivi dall’altra. Esistono gli esseri umani che vengono messi di fronte alla vita. E la vita, si sa, non è sempre rosa e fiori. Ed è la causa scatenante di tutte le azioni. Elena Ferrante mette alla prova noi lettori e la nostra empatia: fino a dove le esperienze fatte, i torti e le sconfitte subìte dai protagonisti possono spingere i loro pensieri e i loro comportamenti gretti senza che ciò ce li renda odiosi o deplorevoli?
La verità è che tutti, chi può, chi meno, abbiamo avuto, almeno una nella vita un moto meschino verso il prossimo. Un ex. Un amico che ci ha tradito. Un datore di lavoro che ci ha sfruttato. Un insegnante che ci ha maltratto. Per qualcuno è rimasto solo un pensiero inespresso. Qualcun altro, invece, lo ha trasformato in azione. E alla fine giustifichiamo i personaggi della Ferrante perché tentiamo solo di giustificare noi stessi per tutte le volte in cui, come loro, siamo stati miserabili. Nelle parole di Leda, io narrante, possiamo sentire forte e chiaro l’urlo disperato di una donna che vive il dissidio tra la sua ambizione di carriera e il suo ruolo di madre. Ed è un dolore così profondo che quando scopriamo che pur di non rinunciare alla professione ha abbandonato le figlie ancora piccole, lasciando che fosse il padre a crescerle, non la biasimiamo. La comprendiamo. E lo facciamo anche quando Leda si infastidisce di fronte al tenero amore materno di Nina. Ma possiamo arrivare a farlo anche quando sospettiamo che ci sia proprio lei dietro alla scomparsa della bambola della piccola Elena?