Alcol e advertising

Regolamentazione della pubblicità dei superalcolici

    di Silvio Fabris

Ciò che dell’alcol ha avuto invece sviluppo pubblicitario costante, dando un grande contributo al linguaggio ed al messaggio mediale, dalla seconda metà del diciannovesimo secolo ad oggi, sono le sue varie trasformazioni, per così dire “specialistiche”, diverse dal vino da pasto, nel settore dei superalcolici, in particolare amari, vermouth, brandy, whisky, grappe ed anche, in misura pregnante, la birra.

Quest’ultima, in particolare, da bevanda comune dei paesi nord europei, sta acquisendo oggi in Italia una valenza sostitutiva del vino fra i giovani, ed anche le donne, e che prescinde dall’influenza del messaggio pubblicitario, legato alla fruizione sempre maggiore della birra nei pub e nelle pizzerie.

In Italia a differenza di altri paesi europei la legislazione si è occupata solo tardivamente degli effetti della pubblicità sul consumo degli alcolici.

È nel 1991 che entra in vigore la legge 05/10/91 n. 327 e D.L. 30/11/91 n. 425 “decreto Vizzini” che regola i messaggi pubblicitari televisivi sugli alcolici, dichiarando che non debbano:

-  rivolgersi ai minori;

-  collegare il consumo di alcolici con prodezze fisiche o con la guida dei veicoli;

-  creare l’impressione che il consumo di alcolici contribuisca al successo sociale;

-  indurre a credere che gli alcolici possiedano qualità terapeutiche;

-  incoraggiare l’uso eccessivo;

-  usare l’alto grado alcolico come qualità positiva. 





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