Ritratti napoletani: Peppino De FIlippo
Un gigante della comicita' che ruppe con il fratello Eduardo. I film cult con Toto'
di Armando De Sio
Sornione, aristofanesco, esilarante. Sono questi tre aggettivi che possono ben descrivere l’arte di Giuseppe De Filippo, in arte Peppino. Ultimo dei tre fratelli De Filippo, nato nel 1903, sin da piccolo, come i tre fratelli, viene iniziato all’arte della Commedia dal loro padre naturale Eduardo Scarpetta. Dopo la formazione della Compagnia del Teatro Umoristico I De Filippo, Eduardo, Titina e Peppino si faranno conoscere non solo in tutta la città di Napoli, ma in tutti i teatri d’Italia. Qui critici e spettatori noteranno subito la differenza tra lo stile attoriale di Eduardo e quello di Peppino: profonda è in lui l’eredità scarpettiana e pulcinellesca, ma con qualcosa di originale, di nuovo: la naturalità e il distacco dai “lazzi” della maschera. Per circa dieci anni Eduardo e Peppino collaboreranno assieme, ma alla metà degli anni Trenta (siamo tra il 1934 e il 1935) qualcosa tra i due si rompe. L’incontro con Pirandello ha infatti profondamente influenzato Eduardo, che vuole un teatro diverso, che si spinge ancor di più verso l’impegno civile e intellettuale. Peppino, invece, vuole rimanere ancorato al genere comico-umoristico e alla tradizione partenopea.
La frattura è inevitabile. Leggiamo una testimonianza del figlio di Peppino, Luigi: “Fu una bella lite, accesa, mio padre si ribellò in maniera non solo violenta, ma, se vogliamo, anche ironica. Stavano provando al teatro Diana di Napoli, era il 1944. L’atmosfera era già tesa da un po’ di tempo, due galli in un pollaio non ci possono stare. Peppino voleva fare una cosa, Eduardo un’altra. Quella mattina Eduardo notò un atteggiamento svogliato da parte di mio padre alle prove e lo rimproverò davanti agli altri attori. Mio padre si risentì parecchio di quello che gli sembrò un gesto dittatoriale e si rivolse a Eduardo facendo il saluto romano e gridandogli in faccia: “Duce… duce… duce…”. Gli astanti dovettero intervenire per separarli”. Le strade di Peppino e di Eduardo si divisero. Peppino fondò una sua compagnia “La Compagnia del Teatro Comico Italiano” e si dedicò al cinema. Moltissime infatti sono le pellicole che vedono il minore dei De Filippo come protagonista o come uno degli interpreti principali. Il suo nome, al cinema, è indissolubilmente legato a quello di Totò. Chi non ricorda la mitica scena della Lettera in Totò, Peppino e la Malafemmina? Secondo la testimonianza di Teddy Reno, in seguito confermato anche da Ettore Scola (che lavorava in qualità di aiuto regista) la scena fu tutta improvvisata. In origine non era riportata nel copione del film, che non convinceva del tutto i due attori, i quali, durante le riprese, stravolgevano spesso e volentieri le scene da girare. Nella versione definitiva, inoltre, si nota che Peppino scrive la seconda metà della lettera sull’ultima riga sovrascrivendola più volte, probabilmente non prevedendo un testo così lungo. Anni dopo, Massimo Troisi e Roberto Benigni, renderanno omaggio a Totò e Peppino, con la famosissima lettera al Savonarola in “Non ci resta che piangere!”