L'anonimo dei muri

Banksy, da Bristol alla Siria un messaggio per il mondo

    di Adriano De Simone

Si aggira per il mondo come un comune turista ma nasconde le bombolette di vernice nello zaino ed ha sempre gli stencil pronti all'uso; appena trova il posto giusto per realizzare uno dei suoi capolavori prepara il muro con una prima base di vernice, vi poggia lo stencil (una sagoma di cartonato ritagliata in modo tale da raffigurare il negativo fotografico dell'oggetto da dipingere) e poi si passa al colore. È con questo sistema rapido e veloce che i suoi murales iniziano a comparire ovunque nel mondo; ed ovunque si inizi ad intravedere segno del suo passaggio scatta tra i suoi fan la caccia ai graffiti. 

Ogni sua opera è il tentativo di trasmettere un preciso messaggio risultato da un viaggio, un'emozione, una sensazione e mirato per lo più ad ampliare il punto di vista di tutti coloro che militano in quello schema sociale del quale non colgono traccia; perché come l'artista confesserà: “Un muro è una grande arma. È una delle cose peggiori con cui colpire qualcuno”.

Banksy mostra il pugno forte del capitalismo nella società americana, la sofferenza dei conflitti in Siria ed anche a Napoli il writer misterioso lascia un'opera abbastanza emblematica: sita in piazza Girolamini, sul muro recante una edicola votiva, appare colorata di bianco su fondo nero una immagine della Vergine Maria: criptica perché recante una pistola nell'aureola poco sopra il capo. 

Nasce graffitista perché contrario alla privatizzazione e mercificazione dell'arte, ma il suo è un animo poliedrico e pertanto scopriamo si diletta anche con tele, composizioni di materiali moderni, qualsiasi cosa possa portarlo a sentirsi soddisfatto del messaggio trasmesso. È così che dirà: “Io uso quello che serve. A volte questo significa solo disegnare un paio di baffi sul volto di una ragazza su qualche cartellone, talvolta invece significa sudare per giorni su un disegno intricato. Il fattore più importante è l'efficacia”.

Inoltre alcune delle sue opere migliori non mancano di comparire nei musei più rinomati al mondo, ma non di certo perché l'esposizione le prevedesse. Banksy entra di soppiatto al Brooklyn museum, al British, al Metropolitan Museum of Art e lontano da occhi indiscreti appende le sue opere alle pareti, dove restano anche per giorni prima che inservienti e personale amministrativo provvedano alla rimozione. 

Milita nel più totale anonimato e nulla si sa di lui oltre il suo stile, i suoi messaggi, la sua firma. Ma chi è Banksy? Il mito si fa forte e vola veloce di città in città, di nazione in nazione. I collezionisti diranno che si tratta di un semplice ragazzo con grandi potenzialità, altri credono sia una donna, ma si vocifera anche possa trattarsi di un gruppo di artisti riuniti sotto una firma comune. La sua identità nascosta è la migliore arma dell'artista che può così dire la propria ovunque e in ogni modo senza mai rischiare. Tuttavia recenti studi inerenti profili geografici criminali, condotti dalla Queen Mary University of London, hanno dimostrato che potrebbe trattarsi di un tale Robin Gunningham, ex studente della Bristol Cathedral Choir School. Il sospetto sarà vero? Per ora non si sa. Tutto ciò che possiamo dire è che il successo dell'artista continua a dilagare e, muri a parte, le sue opere sono battute all'asta per milioni di dollari. Quelle stesse opere che Banksy mai avrebbe voluto vedere privatizzate.





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