Grazie, avvocato

Il ricordo del padre dell'Istituto per gli Studi filosofici

    di Maria Regina De Luca

Dal giorno della sua scomparsa, i muri della città sono stati a lungo tappezzati da un ritratto di Gerardo Marotta, fondatore e presidente dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, con una scritta: "Grazie, avvocato", un saluto più denso di significato di mille commemorazioni, spesso pretesto di una partecipazione insincera. Questo "grazie" non parte solo da quanti frequentavano l’Istituto apprendendone o dispensandone le lezioni ma da quanti, negli anni, avevano imparato a conoscere la gentilezza, la generosità, lo slancio affettivo e la spontaneità che erano le caratteristiche del modo di entrare a contatto col prossimo di Gerardo Marotta.

Assistere a una sua lezione, a un suo intervento di moderatore, a una delle sue veementi arringhe di accusa e di difesa, di allarme e di esortazione ai giovani allo studio della storia, della filosofia, dell’umanesimo perché non si ripetessero gli errori delle passate generazioni era come venire a contatto con una realtà spesso nascosta dalla vita quotidiana e che bisognava urgentemente affrontare. Vederne l’impegno significava anche, per un adolescente, capire che esisteva altro dal solito scorrere delle giornate delle quali lunghe ore venivano sprecate. Veniva voglia di capire che cosa ci fosse dietro quei momenti nei quali quel piccolo signore in cappello, sciarpa e cappotto anche in piena estate, agitava il motto della famiglia Serra di Cassano come una bandiera-guida in vista di un obiettivo, sempre lo stesso: non dimenticare le generazioni future, quel: "Venturi aevi non immemor’che era diventato il fine della sua strenua attenzione verso i giovani. E i ragazzi che affollavano le sale dell’Istituto per ascoltare, negli anni di liceo, le lezioni di filosofia del professore Antonio Gargano, sentivano che quelle parole si proponevano un obiettivo e la realizzazione di una speranza: edificare un futuro migliore per tutti, il loro stesso futuro. Luogo ideale dove dar corpo a queste speranze Palazzo Serra di Cassano il cui portone principale su via Egiziaca, di fronte alla Reggia, era stato sbarrato il giorno della morte del giovane Gennaro Serra, colpevole di aver fatto proprio l’ideale illuministico della Rivoluzione Napoletana del 1799.

In due occasioni Marotta aprì lui stesso quel portone, (e la grande chiave antica sembrava troppo pesante per lui), su via Egiziaca gremita di un popolo festante che si mescolò a quanti affollavano il bel cortile ottogonale del Palazzo. Promise, in quelle occasioni, che il portone sarebbe stato aperto per sempre quando l’Europa sarebbe stata veramente unita, ma non ha fatto in tempo a mantenere quella promessa oppure, più misericordiosamente, è andato via prima di perdere anche questa illusione, il sogno europeo dei grandi spiriti della storia da Dante a Napoleone e ai tanti per i quali l’Europa unita significava coesione di popoli nel nome della cultura, della giustizia, del benessere, della pace. Palazzo Serra di Cassano è stato simbolo e fucina di questo sogno. Oggi, con l’appassionata guida di Massimiliano Marotta, di Antonio Gargano e di quanti eroicamente vi dedicano le loro energie, continua a essere un faro che illumina Napoli di fronte all’Europa. Grazie, Avvocato.

 





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