Le stanze segrete di Sgarbi

Intervista al critico in occasione del lancio del suo movimento politico Rinascimento

    di Vincenzo Maio

Vittorio Sgarbi (Ferrara, 1952 - nella foto) è un critico d’arte, opinionista, scrittore, personaggio televisivo e politico italiano. Dopo la maturità classica si laurea in filosofia con specializzazione in storia dell’arte all’Università di Bologna e incomincia a occuparsi di arte, diventando ispettore della Soprintendenza ai beni storici e artistici in Veneto. Ha insegnato per tre anni Storia delle tecniche artistiche all’Università di Udine. Lo scorso 21 agosto 2017, a Benevento, in occasione dell’inaugurazione del suo movimento politico “Rinascimento”, Vittorio Sgarbi ci ha rilasciato la seguente intervista.

Com'è nata la sua attività di critico d’arte?

È nata all’università, nel 1970, avendo come docente Francesco Arcangeli, che aveva una grande capacità di trasmettere passione.

Che cosa è per lei l’arte?

È tutto meno quello che è “per me”. “Per me” l’arte non esiste. Esiste l’arte senza “per me”. È una realtà che cresce la vita dei viventi attraverso quello che i morti ci hanno lasciato.

Qual è la corrente artistica che più predilige?

Non prediligo correnti artistiche, ma l’evoluzione dell’arte nella storia attraverso i momenti capitali che rimangono davanti a noi. Quindi dall’età federiciana, al Rinascimento, al Barocco, ogni momento ha delle vette tali che impediscono di prediligerne una.

Esistono artisti già predestinati da Dio, come Michelangelo e Leonardo?

Non so se sia Dio o la loro intelligenza. Quello che gli artisti producono è un tentativo di dimostrare che Dio esiste attraverso di loro. Quindi essi hanno un afflato divino per continuare l’opera della creazione.

Che cosa si può fare per stimolare l’interesse del pubblico per l’arte?

Si può parlare in maniera appassionante negli ambienti specialistici, oppure si può stabilire una specie di patto con alcuni sportivi che sentono di dover estendere la loro energia dal mondo agonistico a quello artistico, come ha fatto Buffon come continuazione della propria attività, che vuol dire anche desiderare di capire, di vedere, di conoscere. Quindi se l’emulazione dei giovani verso gli sportivi funziona per cose magari anche modeste, inducendo per esempio a dei vizi mentali o a dei comportamenti discutibili, ci può anche essere un'emulazione positiva. Vedendo quello che prova un idolo del calcio davanti ad un’opera d’arte, ti fa chiedere perché non lo puoi provare anche tu, e se non sia cosa giusta, e quindi questo sentimento di emulazione può essere un modo per diffondere la conoscenza dell’arte.

In ogni artista c’è sempre un pizzico di follia. Hanno scritto: «Il genio sa controllare la sua pazzia. Il pazzo non sa controllare la sua genialità». Condivide questa opinione?

Può darsi. Certamente noi dobbiamo alcune immagini folgoranti alla liberazione della fantasia e della psiche di alcuni oggettivamente giudicati pazzi, tant’è che ho fatto una mostra “Arte, genio e follia”. E un museo che adesso è allestito a Salò. È il “Museo della Follia”, dove diverse fattispecie di follia producono degli effetti o catastrofici come quelli del nazismo, delle guerre in generale che sono catastrofe e distruzione, ovvero creazioni che ci fanno capire una parte nascosta dell’animo dell’ uomo. Allora ecco Van Gogh, Ligabue e tanti altri di cui noi abbiamo registrato la follia operosa, tale da stimolare la nostra sensibilità, la nostra attenzione.

Qual è stata la più grande soddisfazione della sua carriera?

Trovare opere d’arte sconosciute, che ho pubblicate e fatte conoscere per più di tre anni in una rubrica, sul “Corriere della Sera”, che si chiamava “Scoperte e rivelazioni”, che adesso forse riprenderà ancora sul “Corriere”. Poi ancora trovare alcune di queste opere, che sono entrate a far parte della mia fondazione, le quali resteranno come segno di quello che io ho trovato e scoperto, tra cui “Testa federiciane”, molto significative, un “San Domenico” di Nicola Dell’ Arca e molti dipinti ed opere, che sono esposti oggi in una mostra a Trieste, che si chiama “Le stanze segrete di Vittorio Sgarbi”, che poi andrà a Novara, a Ferrara, e poi farà altri giri d’ Italia, forse anche a Benevento.





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