Notturno di Chopin in stazione
Via la noia da attesa, a Napoli Centrale arriva lo Street Piano
di Maria Regina De Luca
Già diffuso nel mondo, dagli Stati Uniti alla Cina, il pianoforte da strada giunge a Napoli Centrale, una delle stazioni tra quelle di Venezia, Milano, Roma, Firenze dove può esser suonato da chiunque ne abbia l’estro, nel nome di un invito all’armonia corale tra gli uomini. Questi sono almeno gli intenti della United Street Pianos che, in sintonia con i progetti delle Grandi Stazioni, sta dotando i punti d’attesa dei viaggiatori che, per la loro stessa funzione, rappresentano l’acme della disomogeneità socioeconomica, etnica, civile e culturale degli uomini, di un arredo insolito e di grande significato: il pianoforte. Siamo tra quelli che considerano il pianoforte, accanto al violoncello che ne è il principe, il re degli strumenti musicali.
A Napoli Centrale, alla prima nota che echeggia nello spazio coperto della stazione dove è posto il pianoforte, abitato per tutta la giornata da ben altri suoni, chi vi sosta si allerta aguzzando le orecchie e si avvia verso la fonte della cascata di note che si succedono secondo tempi e armonie diversi. Quasi sperduto nel grande spazio quando è in silenzio, il pianoforte diventa protagonista e calamita per viaggiatori di ogni provenienza, etnia, sesso ed età. Improvvisamente, l’atmosfera connaturata al luogo e non certo serena, percorsa com’è di solito da umori, malumori, irrequietezza, imprecazioni contro disservizi, ritardi e informazioni carenti, si dilata a comprendere altri tipi di emozioni, di segno decisamente positivo.
Può capitare di ascoltare un Notturno di Chopin da un giovanissimo interprete correttamente abbigliato e di ascoltare canzoni antiche di Napoli da pianisti facilmente confondibili, per abbigliamento e modo di essere, con la gran massa che, nella stazione di Napoli come in quelle di buona parte d’Italia, non offre certo ai visitatori un biglietto da visita della città che possa invogliarlo a penetrare la sua essenza, la sua storia, la sua memoria e la mescolanza di bene e male che la caratterizza. L’importante, tuttavia, in questo momento, è che il pianoforte venga suonato, che non resti mai in silenzio perché questo dono ha anche un aspetto emblematico più insidioso: quello di sfida alla capacità di metter da parte ogni pensiero greve, di dimenticare per un momento i problemi, di cedere alla tentazione della bellezza e della gioia.
A Napoli la sfida ci sembra vincente. Peccato che, per una questione di precedenza, il nostro Piano Street non possa portare il nome di una Santa che è giunta alla città dal mare dando il suo nome a tutta la costa, alla strada, allo stesso mare dal quale è approdata nella nostra baia e alle più belle delle nostre canzoni. Perché la prima stazione di Venezia, che ha dato il proprio nome al pianoforte, si chiama, guarda caso, Santa Lucia. Potrebbe essere un’idea battezzare il nostro Piano street San Gennaro…