L'importanza di trovare la chiave

Da Tinto Brass a Eduardo, una metafora della vita e dell'amore

    di Amedeo Forastiere

“Non mi aspettavo che tu, restassi dentro di me come una chiave spezzata nel centro dell’anima”. Sono le parole di  "Vola", una meravigliosa canzone di Eduardo De Crescenzo Quante volte da ragazzi, abbiamo confidato all’amico del cuore della ragazza che stavamo corteggiando, e non riuscivamo a conquistarla, ad aprirne il cuore. Ricordo che una volta, avevo poco più di quattordici anni,  di pomeriggio andavo a lezione a casa di un professore. Si chiamava Aldo e aveva, se non ricordo male, trentasei anni, non era sposato, quindi zitellone. Era un grande don Giovanni. Comunque aveva avuto tante storie d’amore. Notò che ero un po’ assente, distratto, mi domandò cosa avessi. La mia timidezza era spaventosa in certi momenti mi bloccava. Il professore, vecchio marpione, mi sbloccò. Così gli raccontai che mi ero innamorato di una ragazza che frequentava la mia scuola, bellissima, con lunghi capelli biondi. Tra noi c’era solo amicizia, per me molto di più, volevo diventare il suo fidanzato. Il professore mi riuscì a farmi raccontare tutto. La ragazza mi guardava in modo diverso rispetto agli altri, e questo mi dava speranze, ma non trovavo la chiave per farla aprire, nonostante il mio assiduo corteggiamento.

Mi rispose che non esistono donne o uomini che non si aprono, ma persone che non trovano la chiave giusta, spesso si arrendono, dando tutta la colpa del fallimento all’altro. In poche parole dovevo avere pazienza e trovare la chiave giusta in mezzo al mazzo. Si è scritto molto sulla chiave come metafora: Trovare qualcuno col quale uscire è facile. La vera impresa è trovare qualcuno con cui vorresti chiuderti a chiave. Ci sono persone che entrano nella tua vita solo per ricordarti di chiudere la porta a chiave più spesso. Non ti arrendere mai: di solito è l’ultima chiave del mazzo quella che apre la porta. Potrei proseguire, preferisco fermarmi qui.

Nel 1983 Tinto Brass portò sullo schermo un film dove era protagonista proprio la chiave. Con la splendida Stefani Sandrelli e Frank Finlay. Ebbe un enorme successo. Non me lo volevo perdere quel film, così andai a vederlo. Effettivamente c’erano delle scene molto spinte, tra il porno e l’erotico: per il cinema di quegli anni era un film scandaloso, fu vietato ai minori di 18 anni. Il corpo statuario di Stefania Sandrelli fu la cornice ideale a tutto il resto. Se non ricordo male qualcuno chiese addirittura il sequestro della pellicola. Tinto Brass fu quasi condannato e crocifisso dalla critica, ma il pubblico lo assolse andando in massa al cinema. Un film rimasto nella storia, che ancora oggi è considerato da molti la pellicola più riuscita di Brass. Il film fu tratto dal romanzo dello scrittore giapponese Jun’ichiro’ Tanizaki, La chiave, ruolo fondamentale nel romanzo.

In questa storia ci sono due personaggi, un professore inglese, Nino, direttore della Biennale d’Arte di Venezia,  e la giovane moglie Teresa. I due sono alla ricerca del proprio “io” nel loro rapporto sessuale. Nessuno dei due si apre, non trovano la chiave. Un giorno il marito lascia di proposito sul pavimento una vera chiave, ed è quella che apre il cassetto in cui tiene nascosto il diario dove descrive le sue lussuriose fantasie erotiche. Teresa, per caso, trova la chiave apre il cassetto e s’impossessa del diario. Lo legge ed è a sua volta spinta a provare quelle fantasie erotiche scritte dal marito. Con quella chiave, la coppia quasi allo scoppio, ritrova il proprio “io”.

Venne un periodo; adesso non ricordo gli anni. Tra i giovani innamorati fu di moda regalarsi una piccola chiave d’oro. Di solito si usava portarla al collo con una catenina, o al polso con un braccialetto. Quella appesa al collo faceva più effetto, perché vicina al cuore. Le ragazze la mostravano con orgoglio, e a chi le domandava cosa fosse, cosa rappresentasse quella minuscola chiave, la ragazza, orgogliosa rispondeva. “E’ la chiave che apre il cuore del mio amore”. Credo che nella vita di ognuno di noi ci sia stata una chiave che non abbiamo trovato nei momenti difficili, di incertezza per aprire la porta giusta. Molte volte, nel rapporto di coppia non la cerchiamo, non per incapacità ma per timidezza, per paura di essere scoperti, come se il nostro sentimento fosse una cosa nostra, e non qualcosa da condividere con la persona che ci sta accanto. Quante storie, apparentemente forti, sono finite. Le persone che non hanno trovato la chiave ne sono tante.

Mi domando: chissà se hanno capito che hanno bisogna della chiave che li apra e non di una bella passeggiata come due statuine? O dell’ottimo caffè shakerato da prendere dopo una gustosissima sfogliatella o un babà? No, forse non lo hanno capito. Anche la musica ha la sua chiave, anzi ne ha due. La chiave di violino e la chiave di basso. Indispensabili, senza le quali nessun direttore d’orchestra, dopo il leggero colpo di bacchetta sul suo leggio, riesce ad aprire un concerto.

Altre forme d’arte hanno la loro chiave. Nella pittura, per esempio, è quella che ti permette di entrare  nella tela e leggere il dipinto.  Poche sera fa ho visto in tv  "Questi fantasmi"  di Eduardo De Filippo. Un'opera che già conoscevo, recitata dallo stesso Eduardo, ma la versione televisiva l’ho seguita con molta attenzione. Nei panni di Pasquale Lojacono, uno straordinario Massimo Ranieri; impressionanre la somiglianza con Eduardo. Bravissima Donatella Finocchiaro nel ruolo della moglie Maria.

Mi ha colpito molto il monologo finale, tra Lojacono, e la moglie, parla proprio della chiave“Che tristezza. Mesi e mesi senza scambiare una parola, un pensiero. Ma niente, nun ce facimmo capace, e’a quanto tiempo nun te’ sento parlà. E invece no, s’ha da mantené ‘o punto. E forse ci portiamo un cuore gonfio di amarezza, di tristezza, di tenerezza, che se solamente per un attimo riuscissimo ad aprire l’uno con l’altro…Ma niente…Ha da sta’ n’zerrato. A nu certo punto se perde ‘a chiave e va t’ ‘a pesca! Avimmo perza ‘a chiave, Marì!”





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