Patroni Griffi al Mercadante

In scena Morte della bellezza con la regia di Benedetto Sicca

    di Teresa Mori

Torna al Ridotto del Teatro Mercadante, mercoledì 7 ottobre (ore 21), dopo il successo della passata stagione, il ciclo di messe in scena tratte dalle opere di Giuseppe Patroni Griffi. Da “Storie Naturali e strafottenti”, l’applauditissimo allestimento della “Morte della bellezza” vede la regia di Benedetto Sicca. In scena lo stesso Sicca affiancato da un giovane quanto capace e scenicamente disinvolto Mauro Lamantia. Il ciclo di racconti, messi in scena l’anno scorso, come omaggio allo scrittore scomparso dieci anni prima (15 dicembre 2005), ha avuto un successo straordinario.

La storia è ambientata a Napoli, negli ultimi anni della seconda guerra mondiale (1942-1945), una Napoli bombardata annientata nella sua "bellezza". Protagonisti Lilandt, un giovane di 27 anni, di madre italiana e di padre tedesco, ed Eugenio, un liceale di 16 anni, si incontrano in una sala cinematografica oscurata dai bombardamenti e lì incontrano l’amore. Il più grande sa cosa sta facendo, "aveva accettato di essere quello che aveva sempre saputo, e se ne stette in pace, uomo tra gli uomini", il più giovane percepisce che si trova davanti a "rivelazioni definitive", si interroga e quando decide che quello che prova è amore, vi si abbandona. Nella casa di Lilandt, in vicolo del Trono, a Posillipo, i due giovani si amano con violenza e con dolcezza. L'amore dei due protagonisti è rappresentato nei particolari, con un linguaggio ricco e ridondante attraverso una inedita visione dionisiaca dell'amore al maschile. Alla conoscenza violenta dei sensi fa da cornice la violenza della Storia che si abbatte impietosa su Napoli, e la morte della bellezza è la metafora di un amore che muore (Lilandt conosciuto come il tedesco scappa da Napoli), ma anche di una città violentata e stravolta. "Com'era bella Napoli quarant'anni fa...": sono le parole con cui inizia il romanzo e riecheggiano anche nello spettacolo, simbolo di una perdita irreparabile, che diventa rimpianto, memoria di un mondo irrimediabilmente perduto, come la giovinezza e come l'amore dei due protagonisti.

Trasferire tutto questo, la parola in gesti e scene è cosa assai ardita, ma al Ridotto questa impresa è riuscita e il risultato è commovente, rilassante a tratti rivelatore.





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