Quei fenomeni di Napolitano e Saviano

Il Presidente e lo scrittore: sfida alla camorra tra retorica e letteratura

    di Max De Francesco

Se dovessimo stilare una classifica dei personaggi più coinvolti mediaticamente nella lotta alla criminalità a Napoli, senza dubbio, sceglieremmo come migliori in campo Giorgio Napolitano e Roberto Saviano. Il Presidente e lo scrittore. Il vecchio e il ragazzo.

Il vecchio, napoletano che non vive da anni luce a Napoli, ha scelto la strategia della retorica e delle visite guidate. L’ultima lo ha visto osannato e condottiero, in compagnia della moglie Clio, tra la gente “magnifica gente di questa città”. Stretti al Presidente, in un abbraccio alla Mario Merola, abbiamo scorto la Iervolino e Bassolino, controfigure di sindaco e governatore, mai viste, negli ultimi tempi, così raggianti. Ogni visita rappresenta per loro una boccata di ossigeno, un’iniezione di credibilità “indiretta”: vicino al presidentissimo sembrano più presentabili. Alcuni giovani, poi, hanno regalato a Napolitano una piccola molletta, simbolo della Napoli che non vuole “mollare”.

Sarebbe stato d’impatto se qualcuno, al passaggio dei rappresentanti delle istituzioni locali - responsabili tra l’altro del disastro rifiuti in Campania - si fosse turato il naso con la molletta. Nessun colpo di scena, invece. Il tour di Napolitano e consorte si è concluso con cena e brindisi a villa Rosebery.

 

Il ragazzo, da quando è sotto scorta per il suo impegno contro la camorra, non vive più Napoli, ma la racconta. Ovunque e con meritato seguito. Saviano diventa caso quando il suo libro supera la letteratura e doppia il giornalismo. Gomorra, bibbia cult del male e del malaffare, edito dal gigante Mondadori, in equilibrio tra fiction e non fiction, scritto con rabbia giovane e pugno maturo, inchioda l’impero finanziario della camorra, illustrandone dinamiche e logiche con invidiabile puntigliosità. Non è più un libro, ma una sentenza. Non è più editoria, ma fenomeno che si alimenta con le promozioni e le azioni dello scrittore. Da un palco, durante una manifestazione, ad esempio, come Peppino Impastato, Saviano fa nomi e cognomi di boss locali e sfida, senza schermi, la criminalità. Le minacce non si fanno attendere: per salvaguardarlo dalle ‘nzirie dei clan arriva la “misura di protezione ravvicinata” decisa dalla prefettura di Napoli. Il potere dei media fa il resto: inevitabilmente, lo scrittore cede il posto al personaggio. Saviano sotto scorta non esce più di casa, ma solo in copertina.

 

La dinamite Gomorra è esplosa in ogni luogo perché fa audience e rumore: non solo la faccia del ragazzo con la scorta ha conquistato aperture e copertine della stampa nazionale e internazionale ma è diventata icona, riprodotta dai ragazzi di un’associazione, in tonalità blu, sui muri di alcuni comuni della provincia di Napoli, come un Che senza capelli e senza peli sulla lingua in guerra contro la mentalità camorristica. Napoli perduta (L’espresso, 14 settembre), L’uomo che ha sfidato la mafia, la verità sui gangster italiani (The Indipendent, 16 ottobre) Lo scrittore nel mirino della camorra (Magazine Corriere della Sera 26 ottobre), Dove eravate (L’espresso, 23 novembre) sono solo una goccia nel mar di “prime” su Gomorra. Un mare che dopo aver inondato Tv, siti e blog, è approdato alla radio, precisamente a Radiotre, dove Saviano racconta vita, amori e catastrofi dei clan nella serie Napoli: dentro il vulcano, ideata insieme a Daniela Basso, e prossimamente bagnerà anche il cinema con il film Gomorra, regia di Matteo Garrone, autore dell’inquietante L’Imbalsamatore.

L’impressione che si ha, scorrendo brevemente gli eventi mediatici degli ultimi tempi sull’emergenza criminalità è che il vecchio Napolitano e il ragazzo Saviano, pur da posizioni diverse, hanno affidato alla parola il riscatto della città. Il primo, con grande abilità e studiato clamore, la utilizza per rafforzare l’immagine delle istituzioni, chiedendo al popolo e ai politici unità per “salvare Napoli”; il secondo, invece, la sfodera per smascherare le istituzioni, demolendone il ritratto ipocrita e fasullo. La parola del Presidente è libera ma “imbalsamata”; quella dello Scrittore è libera, ma resta letteraria. Napolitano e Saviano, chi in un modo e chi in un altro, si danno da fare per la loro personale e importante battaglia di comunicazione. Dopo il circo mediatico, però, si ha la disarmante sensazione che ci sia il nulla. Dopo la retorica e la letteratura, si avverte un vuoto d’azione. Che non può essere riempito di sole parole.

 





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