Politici, non mentite

Il caso del sindaco che non mantiene le promesse

    di Adelaide Caravaglios

Manca poco alle urne, e le elezioni fanno sempre notizia: siamo bersagliati da programmi elettorali, proclami...: “Il partito farà… dirà…”. Insomma ci troviamo in piena campagna elettorale; e come in ogni ‘battaglia’ che si rispetti, anche in questa non mancheranno repliche dai toni accesi, obiezioni a tinte forti senza esclusione di colpi.

Capita spesso, però, che alla fine della festa, una volta eletti, alcuni dei nostri beniamini dimentichino per la strada le promesse fatte: è accaduto, per esempio, al sindaco di un Comune della Sicilia, che, assieme alla giunta, tradendo le promesse elettorali, aveva deliberato per l’erogazione dell’indennità di funzione nonostante in campagna elettorale avesse dichiarato di volervi rinunciare. A fronte di questo, alcuni componenti dell’opposizione avevano tappezzato le vie del piccolo Comune siculo con manifesti recanti espressioni del tipo: “Falso! Bugiardo! Ipocrita! Malvagio!”.

Il primo cittadino, sentendosi leso nel proprio onore, decide di ricorrere in giudizio, ma i giudici della III sezione penale della Cassazione gli “danno il due di picche” rigettando il ricorso e condannandolo anche al pagamento delle spese processuali, sul presupposto che sebbene offensive, le espressioni utilizzate dagli imputati presentavano una stretta attinenza alla vicende politiche: gli epiteti “falso, bugiardo, ipocrita” – spiegano sul punto nella sentenza 317 del 2018 – dovevano ricollegarsi “al mancato adempimento delle promesse elettorali, nonché all’avere omesso di dichiarare pubblicamente il proprio ripensamento sul tema dell’indennità di funzione”.

In altre parole, era chiaro che l’attacco al primo cittadino riguardava specificamente le scelte politiche ed amministrative sue e della sua maggioranza, non si trattava di un “trasmodato” attacco alla dignità morale e intellettuale della persona offesa. Come a dire: “Ogni promessa è debito!”.





Back to Top