Qui rido io, il capolavoro di Martone

Scarpetta rivive nel film del regista napoletano con un super Tony Servillo

    di Armando De Sio

“Teatro significa fare sul serio quello che gli altri, nella vita, recitano male”. Questa frase di Eduardo De Filippo potrebbe ben riassumere il film di Mario Martone, uscito nelle sale lo scorso 9 settembre, “Qui rido io!” ed incentrato su una delle figure più importanti non solo del teatro partenopeo, ma in generale del teatro italiano ed europeo: Eduardo Scarpetta. Nel film viene delineato un particolare periodo della vita del grande attore partenopeo: all’apice della sua carriera, Scarpetta decide di parodiare il noto dramma di Gabriele D’Annunzio “La figlia di Iorio” suscitando polemiche e malumori non solo da parte del poeta abruzzese ma anche da quella nuova generazione di poeti e autori napoletani come Salvatore Di Giacomo, Roberto Bracco, Ferdinando Russo, Libero Bovio, Ernesto Murolo che vogliono un nuovo teatro napoletano “d’arte”.

Su questo filone principale si inseriscono vari altri filoni di trama: la vita teatrale del tempo, la famiglia “larga e difficile” e i rapporti con i De Filippo. Arte, vita e famiglia sono tre elementi che si intrecciano continuamente lungo tutto il film. Perché don Eduardo guida la sua Compagnia come guida la sua famiglia con la stessa severità, con lo stesso “gelo” avrebbe detto suo figlio Eduardo De Filippo quasi un secolo dopo. Martone descrive con maestria la vita teatrale del tempo, gli stenti, le fatiche, le piccole quotidianità della vita teatrale degli attori del tempo che hanno paghe misere, che vivono continuamente alla ricerca del prossimo applauso o della prossima piazza, sempre in giro qua e là per l’Italia. Come dimenticare il grande affresco della famiglia Scarpetta, in cui si erige come capocomico-padre-padrone don Eduardo, che gestisce e impone ai propri figli, figliastri e affini la propria volontà, i propri desideri, i propri capricci perché “prima c’erano i Petito, ora ci siamo noi, gli Scarpetta!”

C’è inoltre uno scontro generazionale e artistico non solo con i giovani autori del teatro d’arte napoletano, ma con il giovane Vincenzo, che vorrebbe uscire fuori dalla maschera di don Felice Sciosciammocca, senza riuscirci. Poi c’è la famiglia parallela, i De Filippo, con Luisa, ex sartina ora gran signora borghese che “si annoia” e che vorrebbe più attenzioni da parte dello zio-marito-amante. E poi i tre fratelli e il dramma del piccolo Peppino, cresciuto libero in campagna e lontano da madre, fratelli e dal padre-zio che odia cordialmente. Solo il giovane Eduardo riuscirà a placarlo facendogli capire che l’emancipazione passa per il palcoscenico. “Qui rido io!” è un film sulla libertà di espressione, che è propria dell’Arte e del Teatro in particolar modo. Un film sulle origini del teatro napoletano, ma in definitiva, un film sulle origini del grande Teatro del Novecento italiano. Perché, inevitabilmente, tutti coloro che desiderano intraprendere la strada dell’Arte della Commedia devono, prima o poi, confrontarsi con i De Filippo e quindi con “il padre di tutti noi attori”: Eduardo Scarpetta.





Back to Top