'Squallido' in tribunale

Quando un commento pubblico poco carino è reato

    di Adelaide Caravaglios

Attenzione! Anche dare dello “squallido” a qualcuno è reato e configura una vera e propria diffamazione. Lo sa fin troppo bene quel rappresentante sindacale di liceo che è stato condannato dai giudici di merito (sentenza confermata dalla Cassazione, n. 17603/2016) per aver affisso nella bacheca delle comunicazioni dell’istituto un commento non proprio lusinghiero sull’operato del dirigente scolastico del medesimo istituto, ritenendo il comportamento di quest’ultimo non all’altezza del ruolo ricoperto.

Più precisamente, per il rappresentante il preside era stato colpevole di aver fatto “un processo sommario” ad un docente in un “presunto” consiglio di classe: per questo aveva qualificato come “squallido” il suo comportamento, aggiungendo che “questo preside non è all’altezza del proprio compito”.

A nulla sono valse le giustificazioni addotte dal poco elegante delegato: per gli ermellini non poteva dirsi sussistente la scriminante del diritto di critica, dal momento che “la critica – spiegano all’uopo – consiste in un dissenso motivato, mentre, al contrario, l’accusa rivolta nei confronti del dirigente scolastico era lesiva del diritto all’integrità della reputazione, in relazione ai doveri a suo carico per i quali era stato ritenuto misero ed inadeguato”.

La sentenza di merito è stata dunque confermata e l’uomo condannato.





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