Dolore sotto chiave

Riproposta al teatro San Ferdinando l'opera di Eduardo con la regia di Saponaro

    di Teresa Mori

"Dolore sotto chiave" è un'opera di Eduardo De Filippo scritta per la serie di trasmissioni alla radio registrate alla fine degli anni Cinquanta (1959) e non allestita dal vivo prima del 1964 quando, senza avvalersi dell’interpretazione dell’autore che per l’occasione ne cura solo la regia, debutta al Teatro San Ferdinando, dove, a trent’anni dalla morte del drammaturgo, è stata riproposta in dittico con un’altra “partitura” defilippesca, "Pericolosamente", e introdotta da un cappello pirandelliano adattato per l’occasione in lingua napoletana dal regista Francesco Saponaro. 

Rocco Capasso è il protagonista, al quale viene raccontato che la moglie è confinata malata in una stanza e alla sua vista potrebbe morire. Decide d’entrare nella stanza proibita, andando così incontro alla realtà. La scena però si blocca nel suo punto più alto, lasciando alla nostra mente l’idea della continuazione dei fatti. Scegliendo un finale aperto, che non spiega e non risolve ma lascia in campo tutte le possibili varianti del gioco teatrale.

Eduardo e poi Saponaro invitano gli spettatori a considerare il rapporto fra realtà e finzione da una duplice prospettiva: non solo quella di un teatro che guarda alla società mette "l'occhio al buco della serratura" per riportare sulla scena storie di vita, pezzi di realtà; ma anche quella di una società civile che guarda al teatro considerandolo non un passatempo futile, una realtà marginale, ma uno specchio in cui riflettersi per conoscersi meglio. La scena è il luogo di un trapasso incompiuto, tanto che sul palco ci sono due porte che hanno le fattezze di una bara. I due unici sfoghi, in una teatralità immobile, sono le visite dei vicini, nella rielaborazione saponariana ridotti al solo professor Ricciuti e il telefono che promette a Rocco la possibilità di un ricongiungimento con la signora Anna (la donna che porta in grembo suo figlio). Sulla conversazione silenziosa di quell’ultima telefonata che nel testo eduardiano recava come il sentore di un possibile lieto fine (favorito dall’informazione sulla destinazione della fuggitiva Anna: «Parte fra mezz’ora con l’aereo»).

In scena, a ricoprire i ruoli dei diversi personaggi, un consolidato trio di interpreti formato da Tony Laudadio, Luciano Saltarelli, Giampiero Schiano. Le scene e i costumi sono di Lino Fiorito; le luci di Cesare Accetta; il suono di Daghi Rondanini; produzione TeatriUniti - Napoli Teatro Festival Italia in collaborazione con l'Università della Calabria dove a monte dello spettacolo esiste un progetto di laboratorio per avvicinare .Con questa messa in scena Francesco Saponaro affronta un Eduardo poco frequentato e meno conosciuto al grande pubblico, che segna il secondo incontro del regista con il teatro eduardiano dopo l’allestimento spagnolo di Yo, el heredero (Io, l’erede).





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