LIBRI La vita bugiarda degli adulti

L’adolescenza violenta di Giovanna, protagonista del nuovo romanzo di Elena Ferrante

    di Giordana Moltedo

Lunedì sono andati in onda i primi due episodi de L’Amica Geniale - Storia del Nuovo Cognome, tratti dal secondo volume della quadrilogia che ha appassionato i lettori di tutto il mondo. Se per una volta, un prodotto letterario italiano è diventato un fenomeno in tutto il mondo e non solo nel nostro Paese, il merito è di colei che ha dato forma e sostanza ad Elena e Lila,  e cioè all’ignota e misteriosa scrittrice Elena Ferrante. E così, mentre il pubblico della Rai si trovava nel pieno degli spot promozionali della seconda serie, la scrittrice dall’identità ignota era tornata nelle librerie con il romanzo  La vita bugiarda degli adulti, pubblicato sempre dalla casa editrice E/O, 2019.

Entrando nel cuore di questo romanzo, la protagonista è un’adolescente di nome Giovanna che, in seguito all’imminente separazione dei genitori,  inizia un processo di ribellione, finalizzato ad una duplice emancipazione: dai genitori e da quella classe sociale piccolo borghese ai quali gli stessi appartengono. Il lettore attento e appassionato dei romanzi della Ferrante noterà molte, troppe analogie   non solo tra Elena, la protagonista de L’Amica Geniale e Giovanna, la protagonista de La vita bugiarda degli adulti, ma anche tra gli altri personaggi: ad esempio, nel personaggio del padre di Giovanna emergono vari tratti di Nino Sarratore, il figlio del ferroviere per il quale Elena nutre un amore profondo. Se vi sono tali tratti dominanti, il motivo è legato anche al fatto che la Ferrante  ha messo a fuoco, in questo romanzo, le tematiche a lei più care, come  in primis la lotta di classe che, nei libri della Ferrante, esplode in tutta la sua potenza attraverso il fondersi  dei personaggi con i loro quartieri. Volendo analizzare tale punto, la storia de La vita bugiarda degli adulti inizia in un quartiere molto lontano da quel Rione Luzzatti che ha accompagnato le storie di Lila ed Elena. Giovanna, nasce e cresce a San Giacomo de Capri, nel cuore di una zona Ospedaliera che sul finire degli anni’70 - come altri quartieri di Napoli - sta smaltendo la sbornia del boom economico. Giovanna sembra quindi distante da quella violenza e da quel degrado che invece circonda la vita delle protagoniste della quadrilogia. Ma questa è solo un’illusione perché, nel momento in cui Giovanna finalmente conosce Vittoria, zia e nonché sorella tanto odiata dal padre; la protagonista  entra in un altro mondo, quello basso e lontano dalle colline del Vomero e dei Camaldoli. Giovanna entra nel cuore del Pascone, quartiere popolare della zona Industriale, nel quale il padre e la zia sono nati e cresciuti. I due sono distanti tra loro, ormai non si parlano neanche più, e il motivo è da ricercarsi nel tentativo di emancipazione del padre della protagonista da quella realtà, che lo ha portato ad allontanarsi dal quartiere e dalla famiglia natìa. Un’emancipazione sostanzialmente debole, menzognera e ipocrita, perché - così come emerge dalla narrazione - il padre cosi come la madre di Giovanna sono in realtà solo degli arrampicatori sociali.

L’implicito confronto tra la parte alta e la parte bassa della città,  permette alla Ferrante di giocare sul linguaggio e tornare ad un’altra tematica a lei cara, che meriterebbe molte riflessioni, riguardante l’uso violento del dialetto napoletano. Questo’utilizzo brutale del dialetto è un tratto tipico della quadrilogia che poi, è stato espresso nella sua massima espressione narrativa di crudezza e crudeltà anche nella serie tv de L’Amica Geniale. L’uso violento del dialetto, in quest’ultimo romanzo, è funzionale alla volontà della scrittrice di entrare nel profondo della psiche umana e indagarne i suoi lati oscuri, al fine di mettere in risalto e svelare il lato menzognero nel quale versa la nostra società. Tale dualismo è tangibile, ad esempio,  quando il padre di Giovanna litiga con il suo migliore amico, Mariano.

Forse è proprio questa relazione tra il dialetto, e la duplice volontà di indagare la psiche umana e  smascherare le ipocrisie della società, a tenere la narrazione in bilico tra il limitato uso di metafore e la ripetitività di alcune parole e frasi che rendono la stessa diretta e di facile comprensione e coinvolgimento per il lettore.  





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