Quel trenino di Jep

L' antieroe di Sorrentino conquista l'Oscar

    di Laura Cocozza

“So’ belli i trenini delle feste. So’ belli perché non portano da nessuna parte”.
(Jap Gambardella in La grande bellezza).

 

L’Italia vince l'Oscar 2014 con un antieroe, un dandy d’altri tempi, che sembra uscito da un libro di Giuseppe Scaraffìa: un ribelle sconfitto dalla sua eterna avversaria, la società di massa, che trova unico rifugio nella ricerca della bellezza e nel silenzio opposto al clamore. È la rappresentazione cinematografica di una borghesia opulenta diventata impassibile, e per questo incapace di battersi. Come i trenini delle feste, non va da nessuna parte ma resta lì, incapace di proclamare altro se non il proprio scetticismo. Sull’orlo della disperazione si consola prendendo un po’ in giro se stessa e gli altri. Sorrentino raffigura, insomma, quella parte di società italiana malata di immobilismo che, come lo “scettico blu” di Gino Franzi, guarda e sogghigna gioconda verso quel mondo che le ha spezzato le illusioni, rendendola glaciale. Una classe sociale a cui la vita rimbalza addosso perché ha rinunciato alla speranza di cambiamento e ha trovato riparo sulle proprie terrazze.

Jap era un potenziale scrittore: ha ironia, spirito critico, capacità di osservazione e dimestichezza con le parole. E soprattutto ha la possibilità di non dover lavorare per vivere. Fa parte, insomma di quella élite (vogliamo dire casta?) che può permettersi il lusso di vivere stordita. Avrebbe potuto essere uno stordimento creativo il suo. Invece inciampa nella pigrizia e resta fine a se stesso, assumendo una posizione contemplativa che, di questi tempi, risulta ai più odiosa. A maggior ragione perché l’individuo è rappresentato incapace di reagire, di trasformare l’osservazione critica della realtà in azione propositiva. “Io berrò molti drink, ma non molti da diventare molesto e poi, quando voi vi alzerete, io me ne andrò a dormire!”.

Mi chiedo: non sarà anche per questo che agli americani il film sia piaciuto senza riserve mentre in Italia ha ricevuto varie critiche? E può essere che agli italiani non piaccia esportare questa immagine di treni senza meta proprio ora che invece c’è una diffusa urgenza di rimboccarsi le maniche e partecipare al raggiungimento di uno scopo comune?





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