A tutto Cechov

Konchalovsky torna a Napoli con due nuovi allestimenti: Zio Vanja e Tre sorelle

    di Teresa Mori

Dopo il successo de La bisbetica domata, che dopo il debutto nell’edizione 2013, ha toccato le principali città italiane ed è stata rappresentata a Mosca in aprile, Andrei Konchalovsky torna a Napoli per la più grande kermesse teatrale della stagione estiva partenopea (Napoli Teatro Festival, dal 6 al 22 giugno 2014), presentando due nuovi allestimenti, Zio Vanja e Tre sorelle: Un’occasione unica per ascoltare Cechov in lingua originale. Un’occasione unica per gustare il genio della letteratura russa ad un colore di scrittura e drammaturgia quasi puro.

Zio Vanja uno dei capolavori assoluti del teatro cechoviano, in cui si intrecciano le monotone conversazioni e le banalissime vicende di un gruppetto di personaggi. La ricostruzione minuziosa di atmosfere sospese e vagamente inquietanti, l'indifferenza insopportabile dei personaggi intorno ai fatti che vi si piombano in faccia, l’incombente senso di attesa di una catastrofe incombente rendono questo testo una geniale anticipazione della drammaturgia novecentesca. Con tutti i suoi pregi e difetti. Monotonia compresa!

L’elemento più accattivante: il regista ha utilizzato la stessa scenografia e lo stesso cast di attori per entrambi gli spettacoli, evidenziando così l’incredibile contiguità semantica e contenutistica dei due capolavori cechoviani.
Per anni Zio Vanja ha amministrato la tenuta della nipote Sonja versandone i redditi al cognato, il professor Serebrijakov, vedovo di sua sorella e padre di Sonja. L’arrivo del professore e della seconda moglie Elena rompono la tranquillità della loro vita. Quando Serebrijakov annuncia di voler vendere la tenuta per risolvere i problemi finanziari della famiglia, Vanja gli spara, mancandolo. A proposito del drammaturgo russo, il regista afferma: «Cechov fu in grado di vedere la vita come nessun altro nella storia dell’arte. Fu il fondatore del dramma moderno che subentrò alla tragedia romantica del XIX secolo. Cechov espresse molto precisamente la sua concezione dell’arte: “In scena la gente pranza, prende il tè, mentre la propria sorte li conduce alla rovina”». E continua: «Cechov è una Sinfonia. Una sinfonia di vita. Di una vita che non è piena di avvenimenti, opere grandiose o moti dell’animo, grandi Eroi, ma una vita semplice,“grigia, filistea...” come diceva lui stesso.

L’uomo non è in grado di guardare fisso la luna per vedere come sorge dietro l’orizzonte o di guardare un albero per vedere come ingiallisce. Allo stesso modo, a noi non è dato di guardare fisso la vita per vedere come essa conduce alla morte. Però sappiamo che la luna sorge, che un albero perde le foglie e che la vita giunge alla fine.

In quanto artista, Cechov fu in grado di vedere e discernere la vita come nessun altro nella storia dell’arte. È facile volere bene agli Eroi di talento che non sono prostrati dal dolore o dalla vita stessa. È difficile volere bene ai filistei mediocri, incapaci di un atto eroico. Cechov vuole bene a questa gente, perché sa che la vita è unica e breve. Egli espresse molto precisamente la sua concezione dell’arte: “In scena la gente pranza, prende il tè, mentre la propria sorte li conduce alla rovina”». 





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