Filomarino della Rocca, il palazzo dei nobili

Costruito nel XV secolo per volontà di Giovannello Brancaccio, passò poi ai Sanseverino

    di Liberato Russo

Tra i più rappresentativi testimoni dell’edilizia nobiliare napoletana figura sicuramente lo storico Palazzo Filomarino della Rocca,  sito su via Benedetto Croce, già via della Trinità Maggiore prima della morte dell’illustre filosofo.

Costruito all’inizio del XV secolo per volontà di Giovannello Brancaccio, passò poi ai Sanseverino di Bisignano: prima a Gerolamo, il quale morì nelle segrete di Castel Nuovo dopo aver congiurato contro il re, quindi a suo figlio Bernardino, che, tornato a Napoli al seguito di Carlo III nel 1496, s’impegnò altrettanto in congiure contro gli aragonesi. Rifugiatosi in Francia sotto Luigi XII, fece definitivo ritorno a Napoli solo nel 1507 con sua moglie Eleonora Piccolomini duchessa d’Amalfi, donna sensuale e libertina che si narra sia stata uccisa pochi anni dopo dallo stesso marito dopo aver scoperto una relazione di lei col cardinale Luigi Borgia; stessa sorte capitata a Giulia Orsini, moglie del discendente Pier Antonio Sanseverino, e bocca di rosa ante litteram, uccisa senza accertamenti giuridici.

Passata la tempesta, nel 1512 i proprietari acquistarono un terreno dall’adiacente Palazzo Venezia, residenza degli ambasciatori della Serenissima, incaricando Giovan Francesco Di Palma di realizzarvi un vasto porticato di composizione ionica con loggiato su tutti e quattro i lati. Nicola Bernardino, marito di Isabella della Rovere, fu l’ultimo Bisignano a possedere il palazzo, che in seguito a vari cambi di proprietà e a dissidi ereditari, passò nelle mani di Tommaso Filomarino della Rocca.

Durante i moti del 1648 il palazzo, abitato da Francesco Filomarino principe della Rocca, stimato dal popolo per aver agito a suo favore ed eletto “grassiere” (prefetto dell’annona) da Masaniello, venne utilizzato come avamposto per fronteggiare gli spagnoli arroccati sul vicino campanile di Santa Chiara, che con colpi di cannone cercavano di stanare i rivoltosi.

Per riparare i danni in seguito furono necessari lavori di restauro che conferirono un aspetto barocco all’edificio. Dal 1678 il palazzo divenne proprietà dell’erede Giambattista Filomarino, e successivamente di suo figlio Francesco.

Il grande interesse per la cultura che contraddistinse padre e figlio in quegli anni, rese il palazzo, oltre che una pinacoteca decantata per le centinaia di opere di celebri artisti e di oggetti d’arredamento di pregio, un centro di incontri letterari dei quali era un assiduo frequentatore Giambattista Vico.

All’inizio del Settecento risalgono il portale in piperno e lo scalone commissionati a Ferdinando Sanfelice: il portale è caratterizzato da una strombatura verso l’interno ed è ornato con bugne a punta di diamante in marmo bianco; lo scalone, anch’esso in piperno, presenta una coppia di lesene bugnate, su cui poggia un timpano spezzato, con al centro una chiave con fregio.

Durante il XVIII secolo vi furono poi nuovi ampliamenti con l’aggiunta dei balconi e del terzo piano. L’edificio rimase di proprietà dei Filomarino fino al XIX secolo quando fu venduto a vari condomini, dei quali basta ricordare Benedetto Croce che qui visse fino alla sua morte nel 1952. E qui nel 1946 fondò l’Istituto Italiano per gli studi storici.

Dell’epoca angioina restano solo due archi ogivali nella scala, rinvenuti durante i restauri, ma restano l’eccezionalità e la varietà architettonica, vedi i balconi neoclassici, l’ibridismo di stili che contraddistinguono Palazzo Filomarino della Rocca, traccia dei gusti e delle epoche che lo hanno visto protagonista.





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