Si dice compagno, non fidanzato

Quando il lessico nella coppia è fondamentale

    di Amedeo Forastiere

Durante gli anni della mia adolescenza c’erano la fidanzata e il fidanzato: così ci si presentava agli amici. Dopo aver fatto una regolare dichiarazione d’amore: «Ti vuoi fidanzare con me?» Di solito la ragazza diceva «ci devo pensare». Se tutto andava bene, dopo una settimana arrivava la risposta, ma prima ancora del sì: «Tu che intenzioni hai? Io sono una ragazza seria». Poi magari restava incinta a 18 anni, ma quello era solo un incidente di percorso, quando nel mezzo del cammin ci si perdeva…nella selva oscura. In quel tempo si diventava ufficialmente fidanzati solo tra gli amici, mentre per la famiglia della ragazza la storia d’amore doveva restare rigorosamente segreta…sì ‘o sape mammà m’accide! 

Con l’avvento delle mode d’oltreoceano, il Rock And Roll, le prime forme di contestazioni, il '68, la denominazione fidanzata/fidanzato fu messa in cantina. Forse sarebbe meglio dire fu mandata in pensione per lasciare posto a: la mia ragazza, il mio ragazzo. La dichiarazione, il fidanzarsi, diventò: «Ci mettiamo insieme?»

Erano gli anni degli intellettuali seri, quelli che non sorridevano mai, contestavano tutto, anche quello che non era contestabile. Il look era sempre lo stesso: tutto scuro, maglione collo alto, barba incolta, capelli lunghi e, dulcis in fundo, la forfora sulle spalle…ebbene sì, era proprio così! Li ricordo ancora quando andavano nei salotti televisivi, forse era l’effetto bel bianco e nero, ma la forfora sulle spalle si notava di più.

Qualsiasi forma d'arte si praticasse, pittura, scultura, letteratura, teatro, cinema, bisognava prima di tutto conquistarsi i critici, e poi il pubblico, che quasi sempre veniva condizionato dal parere del critico. Erano anni di totale confusione politica, si contestava il capitalismo, i ricchi erano da evitare come degli appestati, l’uguaglianza era imperativo, e chi non condivideva quel modo di fare veniva messo da parte, anche quand’era un grande artista.

Abbiano detto che il termine fidanzato fu sostituito da il ragazzo. Ma per gli intellettuali con la forfora sulle spalle non andava bene. Troppo da ricchi, d’alta borghesia, così fu sostituito dal sostantivo compagno/compagna. 

Compagno, dal latino medievale companio che deriva da cum cioè insieme e da panis pane, allude quindi a colui che mangia il pane con un altro (inutile dire che i giovani innamorati quando stanno insieme non mangiano il pane, preferiscono fare altro). I giovani innamorati, forse per essere considerati, per avere un ruolo in quella società incasinata e sgarrupata, accettarono di essere chiamati compagni.

Le mode sono cambiate, gli idealismi politici sono un lontano ricordo, gli intellettuali con la forfora sulle spalle ormai usano shampoo delicato, vestono Armani e sono diventati amici dei capitalisti.

In tutta questa confusione, compagno è ancora in voga. Una domanda mi viene spontanea: ma non è che i fidanzatini per essere considerati, poter dire "ci siamo anche noi", hanno accettato di essere chiamati compagno/a (che è bruttissimo) per dire, come diceva Totò quando i critici con la forfora sulle spalle lo ignoravano, «e poi dicono che uno si butta a sinistra»?

Alla prossima ragazzi.





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