Futurismo, la guerra delle idee

Breve elogio del movimento culturale fondato da Marinetti

    di Mario Vittorio D'Aquino

“Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore...” da questa frase del Manifesto del Futurismo si evince cosa questo nuovo filone letterario, culturale e musicale incarnò nell'Italia dei primi anni del '900 e che ebbe la sua massima espressione durante la Prima Guerra mondiale. Una corrente letteraria esplosiva, che incentivava al poeta a osare, a ribellarsi; esaltava “il movimento aggressivo, il caos, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, il pugno e lo schiaffo”; ma anche ripudiava il sentimento romantico e nostalgico, la passione per il passato e l'ossessione della lussuria. Il “futurismo” fu fondato nel 1909 da Filippo Tommaso Marinetti.

Il suddetto fenomeno culturale, oltre alla letteratura, influì in qualsiasi ambito e costume del Belpaese: la danza, la gastronomia, il cinema, la fotografia cavalcavando l'onda delle nuove invenzioni tecnologiche (aereoplani, radio, cinema, telegrafo senza fili, automobili). Questo spasmodico slancio verso il futuro a “tutta velocità”, portò anche i futuristi a voler cancellare il passato (“bruciare musei e biblioteche”) per concentrarsi solo sul Domani.

Grandi poeti abbracciarono il movimento futurista. Ricordiamo su tutti Giuseppe Ungaretti, il quale scrisse le sue opere più significative tra le sporche e sanguinose trincee della Prima Guerra mondiale. Tra tutte ricordiamo “Il porto sepolto” e “Mattina”. Entrambe le poesie cariche di simbolismo e molto dirette.

Come già detto, il futurismo, era caratterizzato da una forte propensione al nazionalismo tant'è che poi, nel 1919, il Partito Futurista Italiano creato proprio da Marinetti confluì nei Fasci di Combattimento Italiani istituiti nello stesso anno da Benito Mussolini, nell'adunata a S. Sepolcro (MI), dove partecipò lo stesso Marinetti. Ed è proprio quest'ultimo che ispirò la modalità della corrente letteraria. Essa fu liberata dalle regole sintattiche tradizionali (nessuna punteggiatura), dando spazio e libertà al poeta di non seguire la rigidità della grammatica e dove è esasperato l'uso delle onomatopee e di simbolismo. Possiamo infine concludere che la nuova corrente letteraria si smarcò con l'irruenza di un fulmine a ciel sereno come valida alternativa al decadentismo dannunziano ancora troppo ancorato a valori edonisti e narcisisti che iniziavano a diventare stucchevoli e frivoli per i tempi che correvano.

 





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