OpenHeArt, la carica dei 27 sguardi autonomi

Artisti in campo nella mostra fotografica a Villa Pignatelli, visitabile fino al 6 gennaio 2020

    di Giordana Moltedo

Tecnica, passione, visione di un’opera che dal punto di vista dell’autore diviene, una volta svelata al pubblico, un messaggio universale. Sono questi gli elementi alla base della mostra fotografica “OpenHeArt”, inaugurata il 7 dicembre alla Casa della fotografia di Villa Pignatelli e che sarà aperta al pubblico fino al 6 gennaio 2020.  

La mostra è il frutto di un progetto che ha vinto anche il bando “Prendi Parte” istituito dal Ministero dei Beni Culturali e che ha visto la sinergia di varie realtà operanti sul territorio napoletano e nazionale quali il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, il Polo Museale della Campania - Villa Pignatelli, varie associazioni e la preziosa visione artistica di Antonio Biasiucci che, con i suoi Laboratori Irregolari, ha creato una vera e propria palestra per giovani fotografi, videomaker, graphic designer e di exibition, per un totale di 44 giovani coinvolti nel progetto. Un’esperienza immersiva e totalizzante  nelle arti visive finalizzata a fornire ad ogni allievo, così come ribadito dallo stesso Biasiucci, "la tecnica migliore per poter comunicare il proprio racconto".

E, infatti, lo spettatore si troverà dinanzi a diverse storie, diverse visioni e stili, a cominciare dagli otto portfolio che aprono il percorso espositivo e che sono “Loro” di Vincenzo Capaldo, “Dedicato” di Anna Castellone, “29cu” di Francesca Essa, “Möbius” di Gaetano Ippolito il quale trasforma il suo corpo in un viaggio finalizzato ad esorcizzare le sue paure per "conoscersi e riconoscersi". E poi, ancora, “Era quello il tempo” di Valentino Petrosino, “Toilette” di Chiara Pirollo, “Uguale a te” di Serena Schettino e “Marialaura” di Mattia Tarantino. Il percorso espositivo continua con i lavori fotografici di Ilaria Abbiento, Miriam Altomonte, Fulvio Ambrosio, Chiara Arturo, Pasquale Autiero, Ciro Battiloro, Cristina Cusani, Dafne y Selene, Assunta D’Urzo, Valentina De Rosa, Distonia, Maurizio Esposito, Ivana Fabbrocino, Claudia Mozzillo, Vincenzo Pagliuca, Serena Petricelli, Vincenzo Russo e Sara Terracciano. In totale lo spettatore si troverà dinanzi a ventisette visioni che lo stesso Antonio Biasiucci, nella conferenza stampa che ha inaugurato la mostra, ha definito "ventisette sguardi autonomi". 

Proprio la ricerca dell’autonomia di uno sguardo è uno tra i punti sul quale Biasiucci ha insistito di più durante il suo laboratorio di fotografia. Biasiucci più che da maestro si è comportato da compagno di viaggio e, partendo dal metodo, ha accompagnato i giovani allievi alla scoperta del mondo interiore di ciascuno di loro, compiendo quasi un’opera di “scavo maieutico” nelle tematiche che i fotografi volevano affrontare nei loro lavori. Un lavoro fondamentale perché ha permesso ad ogni allievo di elaborare una propria metodologia che, come ribadito da Biasiucci, porta - in generale -  un’artista "a riconoscere veramente la propria voce nel mondo".

Il mondo che emerge è la visione che i giovani hanno dei luoghi vissuti o ormai abbandonati, dei luoghi della natura distrutti dalla mano sciacalla e criminale dell’essere umano. E  poi ancora, dei volti che caratterizzano la popolazione napoletana, come quelli dei  salotti di Napoli a cui si antepongono i volti della Sanità. Tutto ciò fa emergere le sfumature di una città e dell’uomo quale essere sociale che si muove all’interno di essa. Ma la mostra fotografica fa emergere, soprattutto, un lato nascosto - ma che esiste -  di una gioventù artistica napoletana in pieno fermento che questa mostra ha il merito di far conoscere alla città.





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