Warhol amava Napoli
Intervista a Regina Schrecker, musa dell'artista americano
di Livia Iannotta
Warhol e Napoli. Un legame nato negli anni ’70, grazie all’amicizia con il gallerista Lucio Amelio, e che oggi rivive nella mostra dal titolo “Vetrine”, curata da Achille Bonito Oliva, al Pan fino al 20 luglio. C’è tutto Warhol nelle 150 opere in esposizione: dai divi dello spettacolo ai barattoli di latta, dalle celebri immagini di Marilyn del 1967 ai trans di New York, immortalati nella serie “Ladies and Gentlemen”. Ma c’è soprattutto Napoli. Abbozzata dai ritratti dei personaggi che l’artista incontrò in occasione dei suoi viaggi, come Graziella Lonardi Buontempo, Ernesto Esposito, Peppino di Bernardo. Città viva, meticcia, fatta di bellezza e di contraddizioni, come la sua New York. Tant’è che, quando nel 1980 l’Irpinia venne colpita dal catastrofico terremoto, l’artista rimase profondamente scosso. Da lì, da quel capitolo traumatico della storia campana, nacque il suo headline work più famoso, il “Fate presto” ispirato alla prima pagina del Mattino che “strillava” l’urgenza dei soccorsi, a cui il Pan dedica un’intera sala. Più di tutto, però, era il Vesuvio ad averlo rapito. Lo dimostra il gruppo di serigrafie “Vesuvius” in esposizione, in cui il gigante addormentato viene riproposto quasi ossessivamente macchiato di vivacissimi colori.
Ma chi meglio della sua “musa” può testimoniare l’amore per Napoli del re della pop art? Regina Schrecker, stilista e amica di Andy Warhol, ha partecipato all’anteprima della mostra tenutasi il 17 aprile nelle sale del museo di via dei Mille. Il tempo non ha appannato il suo fascino. Bella ed elegante come quando l’artista statunitense l’ha raffigurata nei due pannelli a lei dedicati (anche questi inclusi nel percorso), tra un flash e l’altro, l'ex Miss Universo si è lasciata andare a qualche confessione.
«Andy Warhol rappresenta il mondo intero. Io l’ho conosciuto molto bene. Era un curioso, ironico e auto-ironico, sapeva prendersi in giro. Era una persona veramente speciale, un amico vero».
Cosa amava Warhol di Napoli?
«È rimasto molto impressionato dal Vesuvio, ma soprattutto dal calore e dalla solarità della gente».
E lei?
«Personalmente adoro Napoli. Vengo qui spesso. Il bello è dappertutto. Mi piacciono i suoi contrasti e apprezzo la capacità delle persone di sorridere comunque, nonostante tutto. A Napoli c’è ancora la gente bella, forse i giovani sono un po’ tutti omologati, ma era così anche ai nostri tempi. Mi piace starmene sul lungomare a mangiucchiare qualcosa osservando la gente che passa, i bambini, i cani a spasso. È bellissimo. Il prossimo appuntamento è il ballo delle debuttanti del 9 maggio. Io, per il sesto anno, disegno gli abiti delle ragazze».
Napoli, secondo lei, è ancora una città pop?
«Abbastanza, è una città tutta da scoprire. Ma il pop è finito. Con Andy Warhol, con Haring, con Basquiat. Eppure, considerando quanta gente è venuta qua stasera, si capisce che la pop art è una forma di espressione che piace ancora. Perché era un linguaggio legato alla vita di tutti i giorni».
Ad Andy Warhol la Napoli di oggi interesserebbe ancora?
«Certo, sono sicura che ne resterebbe ancora affascinato, correrebbe qui immediatamente».