Penne mediorientali

Hosseini, Hikmet, Qabbani: per sciogliere in un verso odio e paura

    di Maria Neve Iervolino

La letteratura e la poesia non servono a nulla, questo è vero, perché l’inchiostro non ferma la guerra o la mano di un assassino, tuttavia la poesia rende colui che l’esercita e colui che l’apprezza diverso dagli altri animali, aiuta ad allenare la sensibilità e costruisce una mentalità aperta in grado di difendersi dall’orrore di cui l’uomo è capace, andando oltre la lingua e la religione. Questo auspica questa lista: un primo piccolo passo per aiutare gli amanti delle lettere a riconoscersi in un’opera di un poeta mediorientale o islamico per superare l’odio e la paura, figli dell’ignoranza.

Khaled Hosseini, uno degli autori mediorientali più conosciuti del mondo, in questi anni è stato il tramite tra la cultura afgana e quella europea, i suoi libri sono letti e apprezzati ovunque. In ogni suo romanzo ricorda quanto gli afgani siano stati famosi per la poesia, che ancora diffusamente esercitavano alle soglie della guerra. Da “Mille splendidi soli”:

Mariam fissava i mulinelli di neve che turbinavano fuori dalla finestra. Una volta Nana le aveva detto che ogni fiocco di neve era il sospiro di una donna infelice da qualche parte nel mondo. Che tutti i sospiri che elevavano al cielo si raccoglievano a formare le nubi, e poi si spezzavano in minuti frantumi, cadendo silenziosamente sulla gente. “A ricordo di come soffrono le donne come noi” aveva detto “di come sopportiamo in silenzio tutto ciò che ci cade addosso”.

 

Nizar Qabbani, nativo della Siria è stato uno dei più importanti autori di poesia contemporanea araba, a seguito di una triste vicenda familiare che ha causato il suicidio della sorella ha deciso di mettere la propria voce al servizio delle donne e dell’amore:

La nostra cultura,

bolle di sapone e di limo.

Dentro di noi sopravvivono

le vestigia della sfinge,

viviamo con la logica della chiave e della serratura,

avvolgiamo le nostre donne in sudari di cotone. […]

 

Nazim Hikmet, poeta turco nato nella religione musulmana è stato un autore ricco di contraddizioni dalla vita avventurosa, famoso per le sue poesie d’amore e per i suoi inni alla libertà. La sua vicinanza agli ideali comunisti lo portarono a viaggiare volontariamente o come esiliato per tutta l’Europa:

Sei la mia schiavitù sei la mia libertà

sei la mia carne che brucia

come la nuda carne delle notti d'estate

sei la mia patria

tu, coi riflessi verdi dei tuoi occhi

tu, alta e vittoriosa

sei la mia nostalgia

di saperti inaccessibile

nel momento stesso

in cui ti afferro.

 

Ibrahim Nagi, poeta e medico Egiziano scrive in lingua araba, pressoché sconosciuto in Italia le sue poesie sono stati inni della primavera araba:

Mio cuore, non chiedere dove è andato l’amore

è stato un paese della mia immaginazione a crollare,

versami da bere e brindiamo alle sue rovine

e racconta la storia da parte mia finché dura il fluire delle lacrime.

Racconta come quell’amore divenne passato,

e divenne un'altra storia di dolore,

io non ho dimenticato,

e tu mi  hai sedotto con una dolce e tenera lingua

e con una mano che si stende verso di me come

tesa attraverso le onde a qualcuno che sta annegando,

mi hai sedotto, viaggiatore assetato, con la saliva di un bacio una notte.

Ma dov’è la luce nei tuoi occhi?

 

Abd al-Rahman al-Shaghouri, fu un economista siriano, scrisse “Città di sale”, opera che lo ha imposto all’attenzione dell’ambiente culturale globale, racconta l'impatto della tecnologia americana sugli abitanti dell’Arabia:

Chiunque abbia tuttora memoria di quei giorni lontani, quando esistevano un posto nominato Wadi al-Uyùn, un uomo chiamato Mutaab al-Hadhàl, un ruscello, degli alberi e un’intera comunità, si sente ancora squarciare il cuore da tre ricordi in particolare: i trattori che aggredivano i frutteti come lupi affamati, gli alberi sradicati e scagliati al suolo uno dopo l’altro, e quelle macchine che livellavano il terreno tra il ruscello e i campi. Raso al suolo il primo boschetto, quei mostri subito ne attaccarono un altro con la stessa ferocia bestiale, per abbattere anche quello. […] Precipitavano come anime supplichevoli, quasi nel tentativo disperato di sprofondare ancora nella terra, per poi rinascerne sprizzando di nuovo la loro linfa vitale. Il massacro di Wadi al-Uyùn era ormai cominciato, e sarebbe andato avanti fino alla fine. […] Mutaab non riusciva a trattenersi, piangeva in silenzio. Non un gemito, né un’imprecazione o il più indistinto lamento veniva fuori dalle sue labbra; semplicemente piangeva, senza vergogna e senza paura, anche se non ne andava fiero.

Il primo studioso italiano a superare le barriere nazionali per una comparazione critica e pacifica tra le diverse letterature nazionali fu Francesco De Sanctis, che scrisse: “La storia della poesia nel suo andamento non differisce punto dalla storia del mondo, essendo lo stesso spirito che si rivela così in quella come in questa”.





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