Harakiri Napoli, fine corsa scudetto

Contro l'Empoli è riemerso il deficit caratteriale degli azzurri. E intanto cresce la disaffezione.

    di Davide Martino

Da Empoli ad Empoli. Una traiettoria che inizia e finisce al Castellani. In campo c’erano Insigne e Mertens. Anche Kalidou c’era. Tre superstiti. Un 4-2 mortificante contro l’Empoli di Sarri diede il via a questo ciclo che con colpevole ritardo sta finendo. L’Empoli ci ha teso la mano in questi anni. Da Sarri e Hysaj fino a Spalletti e Di Lorenzo.
Questo gruppo aveva terminato la propria parabola quando Sarri si inchina alla curva. La società non ha colto il cambio di vento. Per inerzia, forse gratitudine, certamente approssimazione, ha mantenuto la rotta invariata. Ha preferito navigare a vista, senza mai entrare in mare aperto. Fiancheggiata dalla tifoseria, mai in grado di sollecitare in maniera efficace. Critica solo sul risultato, mai sul percorso. Capace di reggere pressioni e passioni per il solo gusto di vincere, ma incapace di comprendere gli errori della società al momento opportuno.
Il vento è cambiato in quella estate balorda infranta dall'ombroso operato di Orsato e Valeri, allorquando la fuga di Sarri avrebbe dovuto generare il propedeutico cambio di orizzonti, con nuovi giocatori e rinvigoriti programmi che avrebbero avuto la solida base di partenza della massimizzazione economica del capitale umano in pectore alla società.
Al contrario la piazza, i dirigenti, la presidenza, i tifosi sono andati avanti con inerzia credendo che con quelle basi bastava immettere un nome per raggiungere il tanto agoniato traguardo. Inconsapevoli, colpevolmente inconsapevoli della fine di un ciclo meraviglioso, ma non vincente perché oltre alle solide basi tattiche mancava la componente caratteriale e la mentalità, sia dentro che fuori dal rettangolo di gioco.
I simboli di questo sfascio sono i più amati. Sono quelli dell’ammutinamento e in tale contesto includiamo anche dubbia figura del figlio del Presidente, la cui unica virtù è data esclusivamente dalla propria discendenza.
La squadra non digeriva le nuove metodologie tecnico/tattiche e fisiche e ciò anche a giusta ragione, poiché i risultati precedentemente conseguiti arrivarono con ben altri principi.
La società aveva l'obbligo di rivoluzionare e il dovere di comunicare le proprie intenzioni, così come i tifosi la capacità di comprendere, ma soprattutto di accettare il drastico cambiamento che, se fatto nei modi corretti oggi avrebbe dato i primi frutti sperati.
Tutto ciò non è avvenuto e il risultato è dietro l'angolo.
Si sono avvicendati allenatori da fare spallucce ai Zamparini e Cellino di turno senza alcun costrutto, ma soprattutto minando le logiche dimensionali del Napoli che per ottenere il massimo dei risultati deve programmare, programmare e programmare, non certo spendere ciò che non possiede.
Le colpe non possono essere addebitate ai vari Ancelotti, Gattuso e oggi Spalletti, quanto alla pessima gestione societaria mono dimensionale, ma anche della piazza in generale che ha accettato logiche incomprensibili con quanto vissuto fino a quel momento.
Il risultato? Il presidente che corre a Napoli per salvare patrimonio e rimesse UEFA.
La piazza che sacrifica sull'altare della patria a turno giocatori, allenatori, dirigenti, il tutto senza fare la minima autocritica.
Eppure l'evoluzione vissuta dal primo Mazzarri e conclusa con il triennio magico ha insegnato come la programmazione sia necessariamente il punto di partenza e di arrivo per la dimensione attuale del Napoli.
Oggi si vive e si genera disaffezione. Tutti insieme. Società e calciatori. Gli allenatori, quando non ci mettono del loro per peggiorare, sono spettatori di uno sfacelo. 
Francamente con Spalletti, Italiano o De Zerbi cambia poco. La botta di Empoli è talmente forte che travolge tutti. Il Napoli è una capanna di paglia che viene travolta da un refolo di vento. Il re è nudo. La foglia di fico sarà la qualificazione in Champions.
Ma la concorrenza anche in Italia aumenta, oltre a milanesi e Juventus, ci sono Roma, Fiorentina e Atalanta forti di grossi gruppi societari alle spalle, il monte ingaggi diminuisce, come la disaffezione.
Siamo al punto di non ritorno e la soluzione non sarà mai lo sceicco di turno, che a parere nostro non può avere grosso interesse al vetusto movimento sportivo italiano, quanto il recupero di quattro anni di rifondazione mai cercata, ma necessaria, con la umiltà e la determinazione che ha portato gli eccellenti risultati oscurati solo da un Var ballerino.
 
PAGELLONE AZZURRO
Meret 4. L'unico segnale da lanciare sarebbe la conferma con il Sassuolo. Resta un capitale importante della società.
Zanoli 5. Progressivamente involuto.
Rrhamani 5,5 più macchinoso del solito
Juan Jesus 6 giusta la sua riconferma
Mario Rui 6 ancora uno dei migliori
Anguissa 5 lento macchinoso, ma non molla mai un centimetro.
Fabian 4 involuzione preoccupante
Lozano 6,5 ha gamba. 
Mertens 7 fuoriclasse
Insigne 6,5 non molla nonostante le premesse.
Osimhen 5 un pesce fuor d'acqua.
Malcuit 4 inadatto a questa dimensione
Elmas 5,5 messo nel calderone in un ruolo non suo.
Zielinski 4,5 abulico al gioco
Ounas SV
Spalletti 4 le responsabilità per i tremendi 8 minuti sono dei giocatori. Ma è innegabile che il Napoli ha meritato la sconfitta. 
 
 





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