Ritratti napoletani: Nino Taranto

Storia e aneddoti dell'attore nato a Forcella che non riusciva a dare del 'tu' a Totò

    di Armando De Sio

Elegante, unico, esilarante. Forse questi tre aggettivi non bastano per descrivere Antonio Eduardo Taranto, in arte Nino. Nasce nel 1907 a Forcella, figlio del sarto del quartiere. Il padre, seguendo una consuetudine del tempo, lo portava ai festini degli sponsali, con una bella voce, a soli nove anni cantava già “macchiette”. Qualche anno più tardi entrò a far parte della “Compagnia dei piccoli” diretta da Mimì Maggio, per il Teatro Partenope a Foria, suoi compagni di scena furono: Pupella Maggio, Gino Maringola, Ugo D’Alessio, Nello Ascoli e tanti altri. Nel ’29 è stata decisiva per la sua formazione, l’entrata nella Compagnia Cafiero-Fumo, dove imparò la misura del palcoscenico.

Lasciata poi la “sceneggiata” tentò con il varietà. Nella rivista reinventò la macchietta anche grazie alla genialità del duo di autori, Pisano-Cioffi, che firmò tutti i suoi successi. Le macchiette erano motivi orecchiabili, su parole con una succosa evidenza comica e parodistica, perfetta sintesi della napoletanità, sempre in bilico tra il comico e il dramma. Esse insistevano spesso su un solo personaggio, cornuto, un po’ scemo, sfortunato e brutto. Un giorno, quando era ancora agli esordi, per accreditare la sua eccentricità, si tagliuzzò la tesa della paglietta con la quale recitava elevandola a simbolo della sua arte che lo accompagnerà in tutti i suoi spettacoli come marchio inconfondibile. Pisano-Cioffi colsero l’occasione per scriverci una macchietta, la celeberrima “Ciccio Formaggio”, che racconta di un tipo stolto, ingannato dalla fidanzata la quale per dispetto gli taglia i pizzi della paglietta. Da ricordare inoltre le interpretazioni al fianco di Totò. In tutte le sequenze dei sei film che hanno girato assieme, si nota l’ammirazione che aveva per il grande attore, sembrava quasi che stava lì a godersi lo spettacolo.

Nino Taranto, seppure amico da tempo di Totò, non riusciva a dargli del tu: “Totò voleva che gli dessi del tu, io non ci sono mai riuscito: gli davo del voi, anche dopo quarant’anni di amicizia non ci riuscivo.” Diceva: «Ma perché, non capisco, ti sono antipatico?», e io gli rispondevo: «No, è la stessa cosa per Eduardo, non mi siete antipatico, anzi se fossi una donna mi sarei dato a voi con tutto il cuore, senza pensarci su nemmeno una volta». Siccome gliela ripetevo sempre, ogniqualvolta mi diceva: «Ma te so’ antipatico, ma pecché non me dai il tu?». Quando capitò che in Totòtruffa ’62 facemmo quella scena in cui me lo vedevo sbucare vestito da donna accanto a Luigi Pavese, mentre io ero truccato da marito siciliano, finimmo la scena e disse: «Bè, adesso sono femmina, ne puoi approfittare». «No, così no», gli dissi e lui se la legò al dito. Nello stesso film, in un’altra scena lui faceva Fidel Castro e io, vestito da donna, facevo l’amica di Fidel e forse perché ero più giovane, non so, facevo più colpo, e questo mi inorgogliva. Gli dissi: «Co’ me lo potete fa’ o’ capriccio». «Ah, no, si io ero brutto, voi siete una cosa tremenda», mi rispose”.





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