Forza e poesia dei ventilatori

Storia di un oggetto particolare tra curiosità e fiction

    di Antonio Biancospino

Vento, mulini e ventilatori. Ventole che attizzano il fuoco dei vasellami e ventagli che armano di seduzione le mani delle cortigiane. Chi avrebbe mai creduto che questo agitarsi di pale avrebbe consentito alle navi di sollevarsi su cuscini d’aria e agli aerei di decollare in verticale?
C’è chi, tempo fa, prometteva di risolvere il problema dell’acqua nel deserto con decine di eliche giganti sparse tra le dune. L’inventore si chiamava Manuel de Los Angeles. La sua idea: usare un grande ventilatore elicoidale per spingere i flussi d’aria in una camera frigorifera, nella quale far condensare l’umidità e catturare l’acqua! Una follia come quella di Yves Lecoffre, scienziato dell’Università di Grenoble, che immagina, da Montmartre a Pigalle, garçonnière e tegole di ardesia sovrastate da migliaia di maestosi ventilatori antismog, pronti a combattere lo smog parigino quando l’aria diventa irrespirabile.
Uno scenario da “Blade Runner”. Ve li ricordate quei ventilatori incastonati nei muri e disseminati tra tetti fumosi, che sembrano alitare sordide brezze postmoderne sui capelli di Roy Batty, replicante albino che termina il suo ultimo respiro nel silenzioso vortice di una pala d’aria?! Lo stesso vorticare che alimenta la vita nei rifugi sotterranei di “Total Recall”. Una marea di ventilatori giganteschi che deflagrano nel deserto marziano quando Schwarznegger “terraforma” il pianeta rosso, facendolo esplodere in una burrasca d’emozioni. Emozioni che si esaltano in “Apocalypse Now”, in quel folgorante primo piano di un ventilatore che raschia, fumante, un’insopportabile, umida calura. L’aria pesante dei Monsoni si confonde, nella mente di Martin Sheen, con il cavalcare wagneriano di tuonanti elicotteri lanciati al combattimento. Come goderselo, senza ventilatori che promettono folate d’idee, attimi di refrigerio dalle secche arse del quotidiano. Senza ventilatori che ti fanno accomodare, ti avvolgono, ti turbano fino a trascinarti nel fervore di raffiche e pensieri che si attorcigliano in un moto ondoso e, come nel film “Kantatar”, invitano a riflettere su “cosa sarebbe il mondo se non ci fosse il vento”. Ben poco di certo, e ancor meno sarebbe senza il mulinare al vento di un Don Chisciotte.





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