Ritratti napoletani: Raffaele Viviani

Il poeta del popolo debutto' a quattro anni e mezzo. Il successo del suo repertorio

    di Armando De Sio

Energico, vitale, plebeo e allo stesso tempo sublime. Questo, e molto altro,De rappresenta Raffaele Viviani nella Storia del Teatro napoletano. Figlio di un cappellaio, poi diventato costumista teatrale, di cui porta lo stesso nome e di Teresa Sansone, “Papiluccio” come veniva chiamato in famiglia, nacque a Castellammare di Stabia il 10 gennaio del 1888. Il padre, trasferitosi a Napoli con tutta la famiglia, decise nuovamente di cambiare mestiere, diventando impresario di un piccolo teatrino di marionette a Porta San Gennaro. È qui che “Papiluccio” ha la sua folgorazione artistica e viene preso come “marionetta vivente” debuttando all’età di quattro anni e mezzo. Nel 1900, morto il padre e con la responsabilità di una famiglia sulle spalle, viene scritturato in una Zeza-zeza, uno spettacolo teatrale che ricorda gli antichi spettacoli della Commedia dell’Arte, con Pulcinella, Colombina e altre maschere. Il successo arriva con l’ingaggio nella Compagnia Bova-Carmerlingo, ma decide di rimanere a Roma quando  viene scritturato al teatro Eden come comico-macchiettista, dove sostituì Ettore Petrolini, con cui poi nascerà una fraterna amicizia.

Nel 1904, a Napoli, si stabilisce al Teatro Petrella, luogo malfamato frequentato da scaricatori di porto, marinai, popolino e prostitute. Viene scritturato per sei mesi a 2 lire e mezza serali. Qui interpreta per la prima volta “Lo scugnizzo” scritto da Giovanni Capurro e musicato da Francesco Buongiovanni. Dopo aver fatto una breve e intensa esperienza a Malta, debutta all’Eden di Napoli, nel 1908. Qui Viviani desideroso di creare un repertorio che lo differenziasse dagli altri cominciò a scrivere i propri numeri. Con il debutto e il successo all’Eden del nuovo e originale repertorio arriva la consacrazione definitiva: «Quella sera misi fine alla mia miseria» dirà poi nelle sue memorie. Ma la data che rappresenta una svolta nella vita e nella carriera di Viviani è il 1917: con “ ‘O vico” nasce il Teatro di Viviani. Egli sa sapientemente unire le sue precedenti esperienze nel campo della macchietta e del “cafè-chantant” con il crudo realismo della vita quotidiana nella Napoli di inizio Novecento. Il successo arriderà don Raffaele fino alla prima metà degli anni ’30: il Fascismo impone serie restrizioni al teatro dialettale. In più Viviani racconta le storie dei miseri, degli ultimi, non proprio adatti alla retorica “imperiale” fascista. Riuscirà comunque ad avere dei discreti successi soprattutto interpretando testi di altri autori: memorabile la sua messa in scena di Miseria e nobiltà di Eduardo Scarpetta, con Vincenzo Scarpetta in compagnia nel ruolo di Gaetano Semmolone, o i suoi adattamenti da Goldoni, Pirandello e Scarpetta. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, cercò di dar vita ad un teatro stabile d'arte a Napoli che riuscisse a fondere tradizione e l'innovazione, ma il progetto non andò mai in porto. Si spense la mattina del 22 marzo 1950.





Back to Top