The Northman, sulla cresta dell'epica

Esoterismo, miti, emozioni e un cast stellare nel film di Robert Eggers

    di Mario Vittorio D'Aquino

Una verità da scoprire, un tradimento da vendicare e il nome del padre da difendere: è questo il destino segnato nelle rune del piccolo Amleth (Alexander Skarsgard) nel film The Northman di Robert Eggers. La pellicola è un concentrato di epica narrativa, esoterismo vichingo e fedele ricostruzione dei racconti di Saxo Grammaticus, una figura religiosa che insieme a Snorri Sturluson, che scrisse l’Edda, sono i custodi della cosmicità del paganesimo norreno. Amleth, non a caso, è il personaggio cardine di questa storia che si perde tra la Storia, il Mito e le Sacre scritture delle gesta di questo eroe venuto dal gelido Nord, da cui poi lo stesso Shakespeare si è ispirato per creare il suo Amleto, capolavoro della letteratura inglese.

The Northman è un film che ha il gusto feroce della vendetta, del melmoso fango, del salato sudore, fuoco e ghiaccio, di loschi intrighi e tradimenti, di un onore da difendere per la morte del padre, il re Aurvandill War-Raven (Ethan Hawke) ucciso dalla spada del fratello mezzosangue, Fjollnir (Claes Bang) che nel frattempo rapisce la moglie, la Regina Gudrun, interpretata dalla bellissima Nicole Kidman. In un salto nel futuro di qualche anno, nella Terra dei Rus, Amleth incontra Olga (Anna Taylor-Joy, la stessa de La regina degli scacchi) un’indovina con la quale bramerà la sua strategia di rivalsa. “Ti vendicherò, padre! Ti salverò, madre! Ti ucciderò, Fjölnir”, è con questa ripartizione a mo’ di filastrocca che l’attore si dà forza per aggiustare le cose. Una tripartizione che sa di Trinità poiché Tre è anche la perfezione incarnata di Odino, il padre di tutti. E come padre sorveglia le disavventure di quei guerrieri che, una volta caduti, meritano di accedere al Valhalla, il paradiso dei combattenti, trasportati dalle Valchirie. Il corvo che gracchia, che si apposta ovunque e scruta le azioni dei prediletti all’Eden norreno per eccellenza è una simbologia che ritroviamo spesso nel film che affonda le radici nello spettro più abissale del ritualismo norreno in combinazione con scene di macabra crudeltà.

Ma è nella realizzazione di ambientazioni fantastiche e fumettistiche che ricordano molto Excalibur di John Boorman e 300 di Zack Snyder che si aggira la trama, in cui sono le sfumature di verde a fare da padrone (ma in generale i toni freddi) in contrasto col rosso che in questo caso rappresenta ardente ripicca, fuocosa passione e valorosa e giustiziera morte. Così come anche la costruzione del protagonista ha molto di Massimo Decimo Meridio nel colossale film Il Gladiatore e di William Wallace in Breavehearth: i tre infatti condividono lo stesso sentimento di torto subito, di una stirpe da ricostruire, di un destino avverso da risolversi nello scontro finale. The Northman è quindi una violenta, primordiale, sanguinosa e spettacolare marcia funebre di un’intera era, che trova i suoi crocevia più importanti nelle stanze buie, nei letti, nei marchi sulla pelle ancor di più che nelle visioni apocalittiche e negli scenari mozzafiato, nei rituali quasi preistorici, nello sfrenato esoterismo e nelle sfaccettature di una farraginosa e – mai ancora veramente capita – mitologia vichinga fatta di ascia, rune e sangue.
E’ quindi un film con una storia essenziale che come prima cosa decide di allontanarsi da sofismi e sceglie l’impeto estremo, in un vortice emotivo, improntato sull’incontro/scontro ancestrale tra Uomo e Natura, sulla ferocia primordiale delle immagini, sulla cura maniacale per i dettagli.





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