Insonnia cittadina
Una notte surreale a girovagare tra vicoli e finestre misteriose
di Amedeo Forastiere
Chissà quante volte vi sarà capitato di non riuscire a dormire la notte. C’è chi per risolvere il problema ricorre ai sonniferi, oppure a erbe miracolose che conciliano il sonno. Con i medicinali non ho mai avuto un buon rapporto, ricorro ai farmaci solo quando non ne posso proprio fare a meno, nello specifico se devo seguire una terapia, mentre sulle erbe non ho tante informazioni. L’altra notte ho guardato i programmi di seconda serata su Rai uno, "Porta a Porta" e "Sottovoce", che già è tanto, con la speranza che il sacrificio mi aiutasse a prendere sonno. Macché, niente, dopo aver girato tutti i canali, il sonno non è arrivato.
Notte tranquilla, temperatura gradevole, niente vento, niente pioggia, decido di uscire, andare in strada a fare quattro passi. Con uno scatto da vero atleta salto letteralmente giù dal letto. La prima cosa che nel buio ho afferrato: un paio di jeans, camicia e gilettino giro maniche, mocassini. Non abito in città, dove la notte si trova sempre qualcuno in giro, magari un nottambulo di bar aperto, qualche taxi del turno di notte, insomma in un certo qual modo, anche se molto ridotta, c’è sempre vita. Nei piccoli paesini di provincia, come quello in cui abito, la notte il silenzio è totale.
C’è poco da vedere, vicoli e vicoletti senza marciapiede, le poche insegne spente, la luce dei lampioni avara illumina poco. Alzo la testa cerando qualche finestra illuminata, come se nell’inconscio volessi trovare qualcuno come me che non riesce a dormire; niente tutti tra le braccia di Morfeo beatamente. Passo davanti al duomo, una vecchia chiesa del XV secolo, nello spazio antistante c’è un po’ più di luce, sono i faretti che lo illuminano. È incredibile, sono il solo che cammina; nemmeno un gatto innamorato che randagio se ne va (come diceva la vecchia canzone). Il silenzio della notte paesana è rotta dai miei passi rumorosi (dimentico sempre di portare le scarpe dal ciabattino a far risuolare i tacchi). La piccola cittadina di provincia dorme, per me che sono sveglio, non è normale.
In un vicoletto stretto, piccole palazzine a tre piani, costruzioni avanti guerra. Su un portone lo stemma di un antico casato, consumato dal tempo. Al terzo piano una finestra illuminata da una luce soffusa, la guardo, mi soffermo, cercando di capire se è un abat-jour o una lampada da scrivania, fa differenza, comunque qualcuno è sveglio. Mi domando, per quale motivo questa persona, che non conosco, non dorme come tutti del paese. Non so nemmeno se sia una donna o un uomo, non si vede, la luce illumina solo il soffitto. Mi torna alla mente quando mio figlio Alessandro tirava fino a notte inoltrata il giorno prima degli esami, tra caffè e sigarette immerso nei libri. La sua stanza era invasa dal fumo, spesso lo interrompevo, con una delle mie solite battute: nebbia in val Padana? Staccava un attimo, giusto il tempo per un sorriso e poi a rituffarsi nei libri.
Continuo la passeggiata, con il rumore dei tacchi delle scarpe che fanno background nella notte silenziosa. Cerco di immaginare quante storie ci possano essere dietro quei balconi e finestre chiuse. Magari storie normali, di gente con cui la vita è stata generosa. Oppure storie di sofferenze, di qualcuno affetto da un brutto male. Ragazzi, nel buio della propria cameretta, illuminata solo dal display dello smartphone ancora svegli, aspettando che il proprio amore invii l’ultimo sms: buona notte amore, io ti sognerò e tu? Poi abbandonandosi al buio, sognano il proprio futuro.
Qualcun altro si starà agitando nervosamente nel sonno perché il giorno dopo deve affrontare una giornata difficile. Qualche moglie nel buio aspetta una carezza che da troppo tempo non arriva, poi si gira dall’altra parte e si addormenta, magari sognando il tempo che fu delle carezze.
Sono tante le storie che ognuno tiene per sé, rispettando il silenzio della notte.
Una lattina di bibita vuota, la guardo, la tentazione di calciarla è forte, come quando da ragazzo con gli amici nel ritorno a casa dopo una serata insieme usavamo fare. Improvvisavamo delle vere e proprie partite, incuranti del silenzio e senza ombra di rispetto per le persone che dormivano. Non resisto, do un piccolo calcio alla lattina che mi provoca, rumorosamente rotola infilandosi sotto un’auto parcheggiata…anche lei ha sonno.
Una vecchia canzone di una notte uguale a questa, cantava: il fiume che scorre lento, frusciando sotto i ponti, la luna splende in cielo dorme tutta la città, solo va un uomo in frak. Si avvicina lentamente con incedere elegante ha l’aspetto trasognato malinconico e assente. Nel mio pesino non c’è il fiume che scorre lento frusciando sotto i ponti, non ci sono neanche i ponti. L’uomo in frak? Credo proprio non ci sia mai stato. Ci sono solo io, un anziano uomo in jeans, senza l’aspetto elegante e trasognato, neppure malinconico e assente.
Si spengono i cupi lampioni, si sveglia a poco a poco tutta quanta la città. La luna pallida scompare nel cielo azzurro. Il silenzio dà il saluto al nuovo giorno, lentamente si ritira lasciando spazio al rumore del traffico. Quel sonno che ho tanto cercato tra programmi televisivi e passeggiata notturna, è arrivato. Sono stanco! Il rumore dei mie tacchi consumati si confonde con i clacson delle auto, guidate da persone sbadigliante. Mi avvio verso casa con la certezza che non appena m’infilerò nel mio letto sprofonderò nel sonno.
La passeggiata notturna, godendomi come padrone assoluto tutta la piccola città, mi ha dato l'effetto sonnifero? Probabilmente sbaglio, ma credo che una passeggiata notturna tra vicoli, finestre, balconi chiusi e qualche lampada misteriosa accesa, dietro cui si nascondono tante storie che mai conosceremo, può essere un deterrente naturale al sonnifero.
Su di me ha funzionato.
Ragazzi, alla prossima.