La Pasqua del coronavirus

Ricordando Di Giacomo in una festa senza abbracci

    di Amedeo Forastiere

Salvatore Di Giacomo nella poesia Lassame fa’ a Dio parla della domenica di Pasqua del 1900. Dio di buonissimo umore si svegliò alle sette, fece chiamare San Pietro (Santo napoletano e in paradiso capo guardaportone). Gli disse: Pie’, siente, stamattina è una bella iurnata, l’aria è fina fina, vorrei fare una scappata ‘n terra. Che te ne pare? San Pietro non obbiettò al desiderio del Signore:  Siete il padrone, fate pure, però, vedete, francamente, ‘a terra è nu poco afflittiva, v’avesse disgusta'. Scesi sulla terra si fermarono a Napoli in piazza Dante. ‘O Signore guardò  spaventato. Mmiez’ ‘a strada, stuort, struppiate, cecate, giuvane e bicchiarelle, guagliun senza scarpe, vicchiarella appuita a ‘e bastuncielle, malate, e ciert uocchi arrussate chine ‘e lacreme, mane secche, aperte, stennute: ‘A carità. Voce a centenara sentete a tutte parte disperate, strillà, e quasi gli sembrò in un eco lontano sentì ‘o stesso lamiento: ‘A carità . Dio guardò in alto, fece un gesto con la mano e un lenzuolo scese sulla terra lentamente, lo stesero, a terra in piazza Dante un centinaio d’angeli tutti vestuti ‘e velo nce ammuntunaino, dint, ‘e puvurielle, e s’è purtaino ncielo.  

Chissà cosa risponderebbe oggi San Pietro al desiderio di Dio di fare una passeggiata sulla terra? Belle giornate in questi giorni, e come dice Di Giacomo... l’aria è fina fina. Cosa troverebbe il Signore? Niente, manco un puveriello da mettere nel lenzuolo e portarselo in paradiso. Strade vuote, deserte, tutto chiuso, anche la sua casa sempre aperta per accogliere il pellegrino è stata chiusa. Niente messa della resurrezione. Altro che un poco affittiva, Dio non crederebbe ai propri occhi. E direbbe a San Pietro: Pie’ aro’ me aie purtàto? Questo non è il mio mondo! La Pasqua del 2020 non la dimenticheremo mai. Chiusi in casa tutti, perché è giusto così. Ce lo ha imposto un piccolissimo virus, tanto piccino che occorrono microscopi potentissimi per individuarlo. La paura c’è, i morti sono tanti, in contagi aumentano, gli ospedali sono al collasso, come i medici e tutti gli operatori, molti di loro sono caduti sul campo di battaglia, sconfitti dal nemico invisibile.

Come sarà questa Pasqua? Di sicuro molto triste, per noi napoletani le festività sono una cosa sacra l’occasione per stare tutti insiemi. Allegria, nella tradizione non solo religiosa; che va sempre rispettata. In quella antica del menù, rigorosamente partenopeo. Sempre uguale, fedele nei secoli la pastiera non deve mai mancare. Tutti a ridere, divertirci, scherzare, tra un brindisi e l’altro il gomito si alza in automatico, così un po’ brilli ci uniamo tutti in un coro, spesso è una vecchia canzone napoletana. Ecco questa è la pasqua che io ricordo e ho vissuto per tanti anni e voglio continuare a vivere.

Cosa farò quest’anno? E’ così triste l’idea che non voglio nemmeno immaginarla. Di certo  non abbraccerò forte forte le persone che amo da sentire il loro cuore battere sul mio petto. Questo momento molto particolare che ha coinvolto tutto il mondo, confesso mi spaventa la domanda continua che mi faccio: Quando finirà? Cosa resterà di questo lungo periodo di fermo? L’economia si riprenderà? Mi fermo, preferisco non cercare la risposta ai miei interrogativi, mi spaventa! L’altro ieri ho sentito a telefono un vecchio amico, che qualche anno fa ha avuto una brutta esperienza. Non sto qui a raccontarla, troppo lunga e complicata. Ha vissuto un anno in prigione. Si è fatto Natale, Capodanno e Pasqua chiuso dentro; un po’ come oggi. Mi racconta che a Natale il direttore organizzò dei banchi lunghi nel corridoio con dolci tipici e bibite. I detenuti si scambiavano gli auguri. Anche per la Pasqua fu uguale; nelle festività in prigione si sentiva più libero di adesso. Mentre scrivo penso alle persone anziane che vivono da sole. Sono tante. Aspettano questi giorno per vivere la festività con tutta la famiglia, che diventa sempre più difficile raggruppare.

Una signora anziana che conosco, oltre novant'anni portati magnificamente bene, una lucidità da far invidia ai giovani. Ricorda nei particolari le giornate della seconda guerra mondiale, quelle corse ai ricoveri antiaerei quando suonava la sirena. Mi racconta che ha vissuto diverse volte la Pasqua in una grotta ricovero. Le festività venivano rispettate e festeggiate: Natale, Pasqua, Capodanno. Mancava il tradizionale pranzo, ma l’abbraccio e gli auguri quello era sempre caloroso. L’anziana signora si chiama Anna, ma per tutti quelli che la conoscono è Nina. Per la Pasqua di quest’anno voleva organizzare una grande festa, tutti i figli e nipoti a tavola con lei. Si commuove e dice: Sai ho novant’anni, ogni festività che passo penso sempre che possa essere l’ultima  con la mia famiglia. L’anno prossimo ci sarò ancora?

 

 





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