I palazzi di Napoli

Palazzo Donn'Anna

    di Michele Tempesta

"Il bigio palazzo si erge nel mare. Non è diroccato, ma non fu mai finito; non cade, non cadrà, poiché la forte brezza marina solidifica ed imbruna le muraglie, poiché londa del mare non è perfida come quella dei laghi e dei fiumi, assalta ma non corrode. Le finestre alte, larghe, senza vetri, rassomigliano ad occhi senza pensiero; nei portoni dove sono scomparsi gli scalini della soglia, entra scherzando e ridendo il flutto azzurro, incrosta sulla pietra le sue conchiglie, mette larena nei cortili, lasciandovi la verde e lucida piantagione delle alghe. Di notte il palazzo diventa nero, intensamente nero; si serena il cielo sul suo capo, rifulgono le alte e bellissime stelle, fosforeggia il mare di Posillipo, dalle ville perdute nei boschetti escono canti malinconici damore e le malinconiche note del mandolino: il palazzo rimane cupo e sotto le sue volte fragoreggia londa marina". Con queste parole, nelle sue Leggende napoletane, Matilde Serao descriveva il monumentale Palazzo DonnAnna a Posillipo, grande incompiuta opera barocca del XVII secolo.

Spesso associato erroneamente alla regina Giovanna I d’Angiò, l’edificio è sempre stato al centro di leggende e dicerie popolari, dal momento che fu abitato da un’altra regina, Giovanna II, sorella di Ladislao, che diede adito a perversioni e storie di concubinaggio.

Costruito sul cosiddetto “scoglio della Sirena”, il palazzo, in un primo momento proprietà di un certo Dragonetto Bonifacio, passò dunque ai Ravaschieri, e dopo il 1571 divenne un bene degli Stigliano, quando fu acquistato dal secondo principe Luigi Carafa. In seguito, dal matrimonio del figlio Antonio con Elena Aldobrandini, nipote di papa Clemente VIII, nacque Anna, che ereditò il patrimonio dei Carafa di Stigliano e andò in sposa a Ramiro Nuñez de Guzmán, genero dell’allora vicerè Manuel de Zuñiga.

L’architetto Cosimo Fanzago per volontà dei coniugi, incoronati viceré, nel 1642 progettò dunque la realizzazione di Palazzo DonnAnna, abbattendo il preesistente palazzo della Sirena o Villa Bonifacio. A pianta quadrangolare, con la base di tufo poggiata sulla roccia, bagnato su tre lati dal mare, il palazzo fu dotato di doppio punto d’ingresso, uno dal mare, uno da via Posillipo, di fastosi appartamenti e addirittura di un teatro. Lungo le facciate si alternano nicchie e finestroni, mentre oltre le terrazze del terzo piano la costruzione ne prevedeva anche un quarto.

Purtroppo però i lavori non vennero ultimati causa i costi considerevoli, ma soprattutto la prematura morte di Donn’Anna nel 1645, avvenuta in tempi d’insorgenza popolare che portarono alla caduta del viceregno e nel 1648 alla conseguente fuga in Spagna del marito, che morì pochi anni dopo.

Il palazzo passò dunque in eredità al figlio Nicola Maria che, riparati i danni seguiti alla rivoluzione, gli ridiede lustro, dimorandoci a lungo ed organizzando sontuose feste.

Danneggiato dal terremoto del 1688, Palazzo DonnAnna è poi passato di mano a vari proprietari tra i quali don Carlo Mirelli, marchese di Calitri, che vi aggiunse un’epigrafe sul portale.

Abbattuto in parte per allargare la strada di Posillipo nel 1824, divenne in seguito una fabbrica di cristalli prima di cadere in uno stato di totale abbandono ed essere recuperato, dopo il restauro di Nicola Breglia nel 1902, per l’odierno uso condominiale.





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