Concerti al tramonto

Agosto ad Anacapri con la rassegna di musica a cura della fondazione Axel Munthe

    di Maria Regina De Luca

Nell’intenso programma di eventi che l’isola azzurra presenta durante l’anno, cominciando sottovoce già a gennaio e sventagliando le sue offerte a piene mani nel cuore dell’estate, il più ‘azzurro’ ci sembra quello dei ‘Concerti al tramonto’ organizzato dalla Fondazione Axel Munthe col patrocinio dell’Ambasciata di Svezia. A pochi giorni da Ferragosto, la rassegna ha presentato un concerto di musica classica del pianista Giuseppe Andaloro che ha padroneggiato, e talora anche un po’ spadroneggiato, la materia preziosa che, da Frescobaldi a Brahms a Chopin, di solito opera sugli ascoltatori una sorta di levitazione incantata.

Va detto subito che a Villa San Michele il fenomeno può avvenire anche senza bisogno di supporti, nemmeno musicali. Perché in questo giardino sospeso tra il Castello di Barbarossa e il mare, la linea della collina inazzurrata dall’inoltrarsi della sera e la brezza leggera che sa d’ oleandri e di lauro, la magia ha fissa dimora anche se più vividamente  si diffonde se il pianoforte le fa da eco. Qui Anacapri, a chi ha letto o ascoltato o vissuto in parte la sua storia, sembra tornare a quella che cent’anni orsono accoglieva con naturalezza ospiti e innamorati della sua essenza misteriosa che sarebbero entrati nel mito.

Qui il medico svedese in cerca del sole mediterraneo edificò sull’antica cappella dedicata a San Michele, quasi con le sue mani, la sua casa mediterranea aperta ‘al sole, agli amici, agli ospiti’, adornandola di testimonianze millenarie rinvenute nel vicino vigneto e in fondo al mare. Qui la Marchesa Luisa Casati Stampa s’insediò con la sua scura e inquietante follia, da qui passarono i romantici e disperati ‘esuli di Capri’, stranieri in ogni patria, spinti sull’isola dalla ricerca disperata di una bellezza che niente, se non queste rocce scoscese e bianche di luna, questa vegetazione dove le specie convivono nella promiscuità più audace, era riuscita ad appagare.

Munthe romanzò la sua vita nella Storia di San Michele e ne fece un capolavoro. L’isola fu per lui non solo un approdo  per lunghe soste, scelto mettendo alla prova la stessa intensità del suo desiderio, ma il luogo amato dove la sua essenza generosa e altruista ebbe modo di esprimersi con una dedizione totale sia attraverso  grandi elargizioni di capitali alle istituzioni locali sia con un’ininterrotta beneficenza verso i moltissimi poveri ai quali egli dedicava la sua scienza di medico e le sue risorse. Quasi smentendo l’innata ospitalità degli anacapresi, che a volte alloggiavano gratuitamente stranieri caduti in miseria, le autorità locali del tempo negarono a Munthe un po’ di pane in più per i suoi amati cani rispetto  a quello concessogli dalla tessera annonaria durante la sciagurata seconda guerra mondiale. Un comportamento inesplicabile per l’Anacapri dell’epoca, e che costò al paese la proficua fonte di reddito che sarebbe diventata Villa San Michele, donata dal suo creatore alla Svezia, che conta migliaia di visitatori all’anno.

Chi, nonostante tutto, continua a sentire Anacapri come una patria dello spirito, ne avverte tuttavia le stonature con quella narrata dai nonni, ma questa bellezza circostante riesce a conciliare anche gli opposti tra l’antica e la nuova Anacapri, accomunandole nel nome di una rara armonia. Indipendentemente dalla Fondazione Axel Munthe, Anacapri sviluppa il suo progetto culturale con grande sagacia e il suo calendario non sfigura rispetto a quello dei diversi festival estivi della costiera e delle isole vicine. Delle Rassegne che ne costituiscono i punti di forza, quelle della Fondazione Franco Michele Napolitano, parleremo nel prossimo articolo.





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