Se parliamo di terrorismo...

Analisi intimista di un fenomeno globale

    di Amedeo Forastiere

Rischioso parlare di terrorismo, non solo perché chi lo fa può subire ritorsioni da chi si vede offeso. Ma perché, inevitabilmente, si sconfina in quella politica di cui poco si conosce, quell’occulto di cui l’elettore, il popolo sovrano non immagina l’esistenza. Un lusso da irresponsabile che solo una persona della mia età può permettersi, allora che faccio me lo perdo? Se me lo perdessi, quella parte irresponsabile che da sempre è in me non me lo perdonerebbe mai.

Il fenomeno del terrorismo è sempre esistito. Ricordo, da ragazzo, quando la domenica mio padre leggeva il quotidiano a tavola dopo pranzo, lo faceva ad alta voce così tutti noi avremmo potuto sentire, seguire le notizie. Ero poco più di un bambino, frequentavo le elementari, ascoltavo dalla voce possente e chiara di mio padre le notizie: cronaca, interni, sport, esteri, leggeva tutto, a volte persino i necrologi.

Non prestavo molta attenzione alle vicende politiche del Paese, lo sport non mi affascinava. Spesso mio padre leggeva notizie di attentati, in particolar modo quelle che venivano dal nord Africa: l’Algeria e Tunisia, che chiedevano l’indipendenza dalla Francia. A queste prestavo attenzione, ricamando con fantasia scene da film, sembrava tutto così lontano da noi, inverosimile.

Nel 1954 la Tunisia ottenne, con poco spargimento di sangue e attentati terroristici, l’indipendenza dalla Francia. L’Algeria vide uno spiraglio per la propria indipendenza, ma aveva fatto i conti senza l’oste. L’oste non era quello del vino e spaghetti con il pomodoro, ma del petrolio e del gas, e non aveva nessuna intenzione di perdere tutto quel ben di Dio.

Eppure l’Algeria, colonizzata dal 1830, non voleva mollare il sogno dell’indipendenza dalla Francia. Gli algerini cominciarono con pesanti attentati in Francia, in particolar modo a Parigi. Dal 1958, molti luoghi pubblici della capitale francese furono presi di mira, la metropolitana in particolare, dove ci furono tanti morti. Gli algerini partorirono il terrorismo, quello che non colpiva politici o istituzioni ma la povera gente spargendo terrore. Nel 1961 con il generale Charles De Gaulle, iniziarono le prime trattative con gli indipendentisti algerini del Fronte de Libération National (FLN) per l’indipendenza, così dopo una trattativa molto calda, il 5 luglio del 1962 fu proclamata l’indipendenza dell’Algeria dalla Francia dopo 132 anni di colonia.

Verso la fine degli anni Sessanta il terrorismo scoppiò anche nel nostro Paese. Ricordo bene quel periodo, già lavoravo al giornale. Il terrorismo italiano era diverso da quello nordafricano, non colpiva solo la popolazione, ma spesso anche politici, grossi e piccoli. Inizialmente fu conosciuto come opposti estremismi, poi i media "noleggiarono" il nome anni di piombo da un film vincitore a Venezia.

Erano di vari colori le ideologie terroristiche, volevano cambiare il sistema, cancellare la vecchia classe politica responsabile di una società ingiusta. Il cambiamento volevano conquistarlo con le armi, le bombe, i tanti morti che definivano martiri della lotta. Il problema era che ognuno degli schieramenti aveva la “soluzione”, e ne erano tante, il che creava molta confusione. Si sono date tante mazzate tra di loro. Ci furono delle vere e proprie guerre tra un colore e l’altro, tanti giovani persero la vita. Ideologie giuste non giuste, vere non vere, tutto sicuramente molto discutibile.

Anche il mio giornale subì un attentato. Fu alle 2 di notte tra il 30 e il 31 dicembre del 1972. Quella notte lavoravo, sentii un forte boato, uno scoppio, tutti pensammo a qualche caldai giù alla stereotipia dov’erano fuse le lastre di piombo. Invece no, fu una vera bomba fatta esplodere sotto il porticato del giornale, che data l’ora era deserto. Per fortuna, o per una strana circostanza, non ci furono morti né feriti, ma tanti danni allo stabile. La paura fu enorme, e dopo una breve pausa per capire cosa fosse successo, continuammo a lavorare nel più totale silenzio.

Alla fine degli anni Ottanta, così quasi per magia, il terrorismo, che era dato invincibile, si spense come una sottile candela al leggero soffio di vento. Furono arrestati i capi storici, i colori accesi del rosso e del nero cedettero il passo alle tinte dell’arcobaleno.

Dopo anni di tranquillità, oggi stiamo rivivendo di nuovo la paura del terrorismo. Un terrorismo strano, di un popolo che non conosciamo, vestito ancora come le statuine del presepe al tempo di Gesù. Giovani che ammazzano facendosi saltare in aria in nome di quel Dio che in paradiso gli farà trovare 34 vergini; come se il paradiso fosse una casa di tolleranza. E noi perseguitati siamo gli infedeli. Infedeli di che? La lancetta del tempo è tornata indietro agli anni del Nazismo, quando un folle austriaco decise di distruggere una popolazione accusata di non essere perfetta, ariani, come voleva lui. Nel terrorismo d’oggi sicuramente si nascondono interessi politici, com’è sempre. Quella politica occulta che striscia nel buio: lupi vestiti d’agnelli.

In questo momento ricordo dei versi di Carlo Alberto Salustri, meglio conosciuto come Trilussa: "Ninna nanna della guerra". 

Tu non senti li sospiri e li lamenti de la gente che se scanna per un matto che commanna; che se scanna e che s’ammazza a vantaggio de la razza o a vantaggio d’una fede per un Dio che nun se vede, ma che serve da riparo ar Sovrano macellaro. Ché quer covo d’assassini che c’insanguina la terra sa benone che la guerra è un gran giro de quatrini che prepara le risorse pe lì ladri de le borse…     

Alla prossima ragazzi.





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