La vita ai tempi dello smartphone

Solipsismo, appiattimento della fantasia: i rischi delle generazioni digitali

    di Maria Regina De Luca

Dato per certo che senza ricerca non c’è innovazione e senza innovazione non c’è crescita e senza crescita non c’è sviluppo né progresso né miglioramento della qualità della vita, viene fatto ogni tanto di pensare che la ricerca contemporanea, basata in buona parte su strumenti che appartengono all’universo informatico, venga addirittura fraintesa, specialmente tra i suoi futuri specialisti, i giovani.

Nella vincente apertura del Campus Apple di San Giovanni a Teduccio, dove verranno formati giovani in grado di competere a livello mondiale con i loro coetanei nel settore sempre più ampio e sofisticato del software, si è più volte sottolineato, da parte dei docenti della Federico II che interloquiscono con Cupertino, che la creatività è anche curiosità speculativa nei vari campi del sapere, dall’arte alla matematica alla musica, dall’informatica alla cultura classica, materie che stimolano la curiosità e accendono la fantasia, indispensabile componente di una vita che sappia autoalimentarsi di speranza, e proiettarsi in un futuro al quale dare una mano perché sia migliore. In altre parole, i giovani che vanno formandosi attraverso strumenti ben diversi da quelli dei loro padri, devono avere in comune con la generazione precedente un programma di studi basilari per la formazione, sia essa tecnologica che scientifica e umanistica.

È sotto gli occhi di tutti che appendice immancabile, quasi una protesi, delle nuove generazioni sono gli smartphone nelle loro diverse versioni. Lo scambio informatico è breve, essenziale, non comprende le idee, i pensieri o i sentimenti, ma solo notizie limitate alle circostanze: non vi è discussione né dialogo, ne contraddittorio né opinioni che, incrociandosi, portino a decisioni costruttive. Pure, è difficile che i giovani cerchino risposte alle loro domande fuori dei quattro lati del loro portatile interlocutore, ritenendo più comodo e facile carezzare con polpastrelli leggeri il piccolo schermo piuttosto che cercare l’appagamento delle loro curiosità in un museo, in un concerto, in una biblioteca o per strade, palazzi e chiese o tra amici e in compagnia di amici.

Se, in mancanza di contraddittorio, la mente è posta in semiletargo, gli occhi lavorano troppo a discapito della funzionalità futura, il corpo è addirittura inerte, in posizione viziata su tastiere e strumenti vari, la fantasia è altrove, o defunta per mancata alimentazione, o meglio per una nuova difficoltà di concentrazione. Domande e risposte per parole tronche, senza forme grammaticali e sintattiche esiliate insieme al vecchio "tema" in classe, questi futuri protagonisti della politica, dell’economia, della finanza, del lavoro come faranno a stilare una lettera di ammissione a un concorso o una relazione o altro che richieda padronanza e agilità espressiva nell’uso della lingua italiana? Quella a uso di iPhone e simili è una specie di esperanto che invece di dilatare i confini della comunicazione li restringe per fasce d’età, fino all’incomunicabilità e all’incapacità di entrare in relazione diretta con la realtà.

L’uso del telefonino anche durante i pasti può diventare un disturbo ossessivo  da curare sul nascere e lo stesso Job concedeva ai ragazzi due ore al giorno di uso degli strumenti creati da lui. L’isolamento, la mancanza di un dialogo costruito anche fisicamente dagli interlocutori può portare allo spegnersi della fantasia, alla colonizzazione dei cervelli, all’alterazione dei rapporti familiari. Sono del tutto desuete le conversazioni, e anche le discussioni, durante i pasti che vedevano la famiglia riunita almeno una volta al giorno perché anche durante quei brevi e sempre più rari intervalli tra le occupazioni giornaliere i più giovani hanno a portata di mano i loro interlocutori preferiti accesi, sui quali fissano gli occhi e l’attenzione, nella tolleranza generale che sembra ignorare che il controllo dei telefonini da parte dei genitori è un dovere, non un’opzione, così come lo è per una madre portare per mano il suo bambino di due anni. I rischi di solipsismo sono reali, la vita si allontana e il suo rumore si attutisce, risucchiato all’imperturbabile luce dello schermo personale, rischia di divenire estranea e irrecuperabile, di venir smarrita, perduta, confusa con le sue deformazioni.

Una delle frasi più belle del Deuteronomio, il libro della "seconda legge", è quella che invita l’uomo a scegliere tra benedizione e maledizione, vita e morte ed esorta: "scegli la vita". A questa lettura ci sentiamo d’invitare i giovani, i ragazzi, i quasi ancora bambini. Mettete a tacere ogni tanto questi segnali luminosi che vi accecano, leggetevi intere frasi di romanzi e di poesie, cantate una canzone, fischiettate, uscite di casa, guardate il cielo, date ali alla leggerezza della fantasia: scegliete la vita!





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