Nei luoghi della Rivoluzione

Applausi per la pièce su Eleonora Pimentel Fonseca con Annalisa Renzulli nei panni di Lenòr

    di Livia Iannotta

Annalisa Renzulli incontra Lenòr che era ragazzina. La vede dentro il libro di Striano, si lascia sedurre dall’altruismo di una nobile che scelse di combattere per i diritti dei lazzari, per dare loro una carta costituzionale pregna di uguaglianza e libertà, come voleva la lezione di Filangieri. Più volte andava a Castel Sant’Elmo, da sola, e la ricordava. Aveva 17 anni. Certo non poteva sapere che, una volta adulta, la sua voce sarebbe diventata quella della pasionaria della rivoluzione napoletana del 1799. Non poteva neppure immaginarlo, perché a quel tempo i sogni di Annalisa zampettavano in tutù sulla cima di scarpette rosa.

Lo spettacolo “Eleonora Pimentel Fonseca. Con civica espansione di cuore” è arrivato nel 2016. Quando scesa dalle punte e abbandonata una seducente carriera accademica, da sei anni si era scoperta felice nel teatro. Alla serata inaugurale di “Montedidio racconta”, nel Salone degli Specchi di Palazzo Serra di Cassano, Annalisa ha indossato ancora una volta il cuore di Eleonora, parlando con le sue parole, raccontandone i tormenti.

Un’interpretazione che dopo cinquanta repliche (le ultime sabato 22 giugno e domenica 23, sempre a Palazzo Serra) non smette di incantare e infiammare. Proprio lì, sotto maestosi lampadari a fungo, Lenòr sognava per Napoli la democrazia insieme a Gennaro Serra, Mario Pagano, Domenico Cirillo, Carlo Lauberg. 

«Considero una grandissima fortuna poter dare voce a questa donna dalla statura umana elevatissima - dice -. Recitare nel luogo in cui Eleonora discuteva con gli altri compatrioti repubblicani è un’emozione fortissima. È stato Massimiliano Marotta, presedente dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, ad avere l’idea di portare stabilmente lo spettacolo a Palazzo Serra di Cassano, dopo il debutto a San Domenico Maggiore, e poi al Maschio Angioino. Da allora lo portiamo in scena il primo weekend di ogni mese». 

È suggestivo sentirti recitare con le vere parole di Eleonora…
«Sì. Il testo dello spettacolo è scritto da Riccardo De Luca, che è anche il regista. Diversamente da altre ricostruzioni della figura di Eleonora Pimentel Fonseca, che sono per lo più tratte da “Il resto di niente” di Enzo Striano e da “Cara Eleonora” di Maria Antonietta Macciocchi, De Luca ha fatto anche delle ricerche all’Archivio di Stato e ha trovato documenti che riportano testimonianze personali di Eleonora, come il manoscritto del processo di separazione. E in scena io recito quei testi. Lo spettacolo non intende fare una semplice ricostruzione storica, è un’operazione di memoria infuturante, che deve spronarci ad allestire meglio il nostro futuro. Non a caso si chiude con un grande monito: “Gioverà forse un giorno avere memoria di tutto questo”».

Lo spettacolo ha colpito il pubblico. Lenòr è una donna tutta coraggio e tenacia.
«La pièce mischia la Eleonora politica, che arringa il popolo in nome di diritti di uguaglianza e democrazia, alla Eleonora privata, una vera antesignana del femminismo. Sposata con uomo violento, riesce contro ogni aspettativa a ottenere la separazione e si dà a una nuova vita, senza disperazione, reagendo. Diventando simbolo della rivoluzione e prima direttrice donna di un giornale, il “Monitore napoletano”. Una donna politica».

Anche tu, come Eleonora, hai dato una sterzata alla tua vita da adulta…
«Ho sempre sentito una forte inquietudine artistica. Il mio contesto familiare non era propriamente imparentato con l’arte. Da piccola però ho voluto studiare danza classica. Poi ho virato verso la carriera universitaria. Ma intimamente non mi sentivo coerente con me stessa, continuavo a cercare. Non so cosa mi abbia portato al teatro».

In che cosa ti senti simile a Eleonora?
«Nelle mie scelte sono sempre stata determinata. Lei è irraggiungibile, credeva profondamente nelle sue battaglie, e anzi proprio la fede profonda nei valori che difendeva le ha impedito di salvarsi»





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