Caravaggio in scena
Il genio ribelle di Merisi nello spettacolo "Le verità dal buio" dell'associazione NarteA
di Maria Regina De Luca
Il Seicento napoletano è caratterizzato da laceranti contraddizioni. Tutto è oltre i limiti della norma nella città, dalle differenze tra le classi sociali alla turba eterogenea degli abitanti e dei visitatori che ne affolla vicoli e strade All’inizio del secolo, che sarà il secolo d’oro della cultura napoletana, i morti giacciono insepolti e pellegrini e malati non ricevono alloggi né cure. L’eruzione del Vesuvio del 1631, la rivolta di Masaniello del 1647, la peste del 1656 funesteranno il secolo ma nella città, quasi inconsapevolmente, si va formando una cultura che da conventi, biblioteche, conservatori e dalla più antica Università europea, voluta da un imperatore per educare a una cultura giuridica le nuove generazioni, porterà in Europa la filosofia e la musica, la poesia, la letteratura, le favole.
Nel 1602 un gruppo di nobili tra i più antichi dell’albo d’oro, da Cesare Sersale a Giovan Battista Manso ad Andrea Gambacorta, decide di fondare un’istituzione rivolta a sollevare le condizioni di vita del popolo. L’istituzione del Pio Monte della Misericordia è approvata dal re Filippo III e dal Papa Paolo V e vi affluiscono ben presto i cospicui contributi della nobiltà napoletana che seguirà l’esempio dei fondatori, mentre lo scopo iniziale si sfaccetta a comprendere la pratica delle sette opere di misericordia corporale. Sette sono gli altari della splendida chiesa, ma il quadro degno di figurare sull’altar maggiore deve essere la sintesi e la summa delle diverse carità che figureranno sugli altri sei altari. La Controriforma trionfante e le iniziative della corte e di nobili si esprimono a Napoli in un’edilizia fastosa richiamando nella città architetti, pittori, scultori da ogni parte d’Europa.
Nel 1607 vi giunge un artista la cui vita è segnata dalle stesse antinomie della città. Il suo nome è Michelangelo Merisi, proviene da un paese del Nord, Caravaggio, che diverrà il suo appellativo abituale. Cacciato da Roma per la sua vita scandalosa e per aver usato come modella della Morte della Vergine una prostituta annegata nel Tevere, la sua grandezza non sfugge al governatore del Monte che gli commissione un’opera che solo un genio può creare. Michelangelo Merisi raffigurerà nel suo capolavoro la sintesi delle opere di misericordia in un’audace prospettiva, la cui alta scenografia avvince sguardo e pensiero con i richiami plastici di luce e ombra esprimendo nel moto ascensionale dell’angelo ad ali spiegate il significato della redenzione.
Tutto quanto abbiamo detto è oggi presente in uno spettacolo dove ambiente, personaggi, parole, gesti e lame di luce, elemento plastico dell’ombra, tornano ancora vivi e frementi dopo cinquecent’anni, per merito dell’Associazione NarteA nello spettacolo itinerante "Merisi - Le verità dal buio".
Queste sale sono le stesse di allora e Caravaggio vi ritorna e le anima della sua personalità violenta e mistica, ribelle e dolorosa. Attori appropriati, dialoghi e gesti perfetti, costumi impeccabili, ritmi e pause, chiari e scuri che mettono nell’ombra molti degli spettacoli togati e altolocati oggi in giro per la città. Andrea Fiorillo è Caravaggio; Annarita Ferraro, incorporea nella sua dolce bellezza, è la Vergine - nella quale sembra essersi sublimata la carne della peccatrice. Nelle sale, nella quadreria, nel tavolino a sette lati, in ogni angolo di questo luogo magico vi è un mondo da scoprire. Ne parleremo ancora. Per ora, ci limitiamo a dire che "Merisi - Le verità dal buio" è uno dei migliori spettacoli che Napoli ci offre in questo giugno del 2015, peraltro fertilissimo di teatralità.