Sciopero: a rimetterci sono gli studenti

Esami e sedute di laurea posticipate nelle università da nord a sud

    di Adriano De Simone

È più che nota la notizia del fatidico sciopero dei docenti universitari che, su scala nazionale, stanno protestando contro il blocco degli scatti salariali di anzianità. Una delle ultime categorie lavorative a non aver ancora raggiunto il tanto agognato traguardo e che si vede dunque sottratta, a fronte di una intera carriera lavorativa, un ammontare di circa 100.000 euro.

Lo sciopero è iniziato il giorno 1 settembre con conseguente scadenza prevista alla fine del mese. Ma benché fosse circolata una lettera recante i nominativi degli aderenti, già dal mese di luglio, il ritmo degli aggiunti cresce a esponenzialmente. Siamo così ad un folle settembre in cui, giorno prima per giorno dopo, il docente può cambiare repentinamente la sua posizione e decidere di conquistare l’aumento salariale appellandosi al costituzionale diritto di sciopero.

Le rappresentanze studentesche di tutte le università italiane hanno congiuntamente ottenuto qualche consolazione più o meno vantaggiosa. Tuttavia poco conto viene dato alla voce che ha più volte implorato di retrocedere da una similare, improvvisa, forma di protesta, ponendo in luce che uno sciopero organizzato è più che legittimo, ma creare allarmismo e ritardo alle carriere di studenti che inermi son stati costretti a posticipare finanche la propria seduta di laurea, è una azione ingiustificabile.

E se per alcuni la notizia piove totalmente dal nulla, per altri invece non è una novità; infatti è già da due anni che tra i docenti fermenta la rabbia e la voglia di ripristinare quel sistema remunerativo proporzionale agli anni di servizio che, una volta, era pienamente vigente.

Inutile a dirsi: le platee studentesche continuano ad essere la parte più lesa del gioco. Forse si tende a ignorare che ritardare uno studente significa ritardare un lavoratore, una mente nella sua crescita e per estensione ritardare il contributo sociale, politico ed intellettuale di chi dai banchi sogna un proprio posto in un panorama italiano di per sé non troppo facile. Forse lo si ignora, forse invece il gioco è proprio questo.





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