Museo Filangieri, un nuovo ingresso

Restaurato il monumentale portone col contributo di FAI e Intesa Sanpaolo

    di Maria Neve Iervolino

A Napoli c’è una moltitudine di spettri. Vagano di notte lungo il decumano senza temere l’incuria delle strade o i ladri che infestano la grande città; sono ombre di nobili eternamente offesi, amanti umiliati oppure perfide seduttrici. I cittadini meno cauti avranno indugiato ascoltando il passaggio di carrozze invisibili a piazza del Gesù o grida dietro i vetri di residenze signorili abbandonate. La danza di queste anime spacca Partenope a metà, per riversarsi su via Duomo, scendendo fino ad arrivare al palazzo “che cammina”: il quattrocentesco palazzo Como. La fabbrica per evitare l’abbattimento arretrò di circa venti metri rispetto all’originaria collocazione, forse per questo possiede quell’aria inquieta che nel 1882 ha persuaso Gaetano Filangieri Principe di Satriano a farne la sede di un museo dedicato alla sua eclettica collezione d’arte. Dopo alterne vicende, il museo è stato recentemente riaperto al pubblico sotto la direzione di Gianpaolo Leonetti.

Il giorno 8 febbraio, dopo sei mesi di lavoro, viene presentato il restauro del portone d’ingresso del Museo Civico Gaetano Filangieri, occasione che ha permesso a molti di conoscere questo museo privato, definito dal direttore una «cassaforte di tesori, il testamento etico di Gaetano Filangieri che lo fonda come patrimonio della città di Napoli». Entrando attraverso l’imponente portone ligneo appare evidente che la sapiente miscellanea d’arte e di stili del luogo è il riflesso dell’eclettica personalità del principe fondatore, dietro la facciata rinascimentale si cela infatti un gusto barocco per lo stupore: armi cinesi, armature giapponesi, armi balcaniche, accanto a busti lignei e marmorei, sepolcri del quattrocento, il tutto sormontato da un’abbagliante mosaico dorato recante le insegne delle famiglie Como e naturalmente Filangieri. Via Duomo, sempre più nota come “strada dei musei”, si arricchisce di un gioiello non convenzionale.

Il lavoro congiunto di enti diversi, la raccolta fondi dal basso portata avanti dall’Associazione Salviamo il Museo Filangieri, guidata da Piera Leonetti, e del FAI, Fondo Ambiente Italiano, con il contributo di Intesa San Paolo, ha permesso a questo luogo di grande fascino di rinascere. Il ringraziamento di Leonetti va alla presidente del FAI per la regione Campania Maria Rosaria Divitiis, che secondo Leonetti ha mitigato, almeno in parte, l’indirizzo spiccatamente Nord centrico del Fondo Ambientale. A coadiuvare il lavoro del FAI con una donazione necessaria per l’intervento di restauro del portale Banca Intesa Sanpaolo, già attiva sul territorio grazie al grande interesse dimostrato per il patrimonio artistico napoletano, secondo il Direttore dell’area Napoli Danilo Di Lorenzo «L’Italia è una ma le bellezze artistiche al Sud sono molte di più», e certo il Museo Civico rientra pienamente tra queste.

Ma Leonetti sottolinea anche le difficoltà nell’amministrazione del Museo, soprattutto di natura economica. Difficoltà che potrebbero essere risolte o quantomeno mitigate da interventi statali, dai quali il Museo, in virtù della sua natura di ente privato è escluso. L’Art bonus, introdotto dal decreto legge cultura, promosso dal Ministro ai beni culturali Dario Franceschini, prevede incentivi fiscali per imprese e privati che finanzino lavori di interesse pubblico, «una legge» sostiene Leonetti «che va profondamente mutata. Considerare privato il Filangieri è sbagliato visto il servizio pubblico che reca alla comunità». Per il riconoscimento del valore storico e culturale del Museo Civico sono state fondamentali le pubblicazioni della Presidente della Società Napoletana di Storia Patria Renata De Lorenzo.

Il valore utile del Filangieri per tutta comunità sta anche nella volontà, insita già nel principe fondare, di guardare soprattutto ai giovani, indirizzo mantenuto anche dall’attuale gestione grazie a espedienti d’avanguardia come le postazioni interattive che permettono attraverso lo smartphone di conoscere la storia di numerose opere d’arte presenti nella struttura.

Nel corso dell’evento vengono mostrate le immagini del palazzo e in particolare del portone oggetto del recente restauro. Il prima e dopo gli interventi mostrano un cambiamento radicale. Ricostruzione avvenuta tanto brillantemente anche grazie al reperimento, da parte di alcuni studiosi, dei progetti relativi al portone e alle varie sale, redatti dallo stesso principe Filangieri. A pochi passi da piazza Nicola Amore e dal Duomo, il maestoso portone è un invito a entrare e a immergersi nella stravagante bellezza di quello che un tempo fu palazzo Como, un invito ad avvicinarsi al bel viso marmoreo della Fiorita, a lasciarsi andare al tocco bizantino dei mosaici di Salviati, una confusione dei sensi da potenziare attraversando la prima sala in stile neogotico per arrivare alla Sala Agata, dal nome della madre del fondatore. In questa sala, denominata anche “delle maioliche” per il ricercato pavimento maiolicato, sono custoditi preziosi dipinti di scuole e artisti diversi, tra i più famosi Francesco Solimena, Luca Giordano, Andrea Vaccaro.

Colpita dalla particolare bellezza del luogo, Maria Rosaria Divitiis ha affermato che «il Museo Filangieri in altre città sarebbe una chicca», purtroppo poco valorizzato sul territorio napoletano, anche a causa di una questione meridionale della quale purtroppo è ancora impossibile smettere di parlare. Sono oltre tremila gli iscritti al FAI nella Campania, un dato piccolo ma in crescita.

La Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Napoli si è mostrata attiva durante il processo di restauro, attraverso la supervisione di Angela Schiattarella e di Laura Giusti. Giusti parla di un restauro complesso ma anche del bisogno di legare i cittadini al territorio attraverso la valorizzazione del patrimonio storico: «È necessaria la riappropriazione da parte dei cittadini». Leonetti ha invitato cittadini e turisti a vedere il complesso unico del Museo Civico Gaetano Filangieri, ricordando che i luoghi vivono grazie alle persone che li frequentano. 

 

 

 





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