Alessandro Barbero, lezione sul futuro

Il professore più amato d'Italia ha chiuso a Napoli il Festival della Storia

    di Armando De Sio

Da ormai tre anni il Festival della Storia è diventato un punto di ritrovo fondamentale per tutti coloro, studiosi, studenti, appassionati che amano e che vogliono saperne di più sugli uomini, sulle cose, sui fatti che hanno riempito le esistenze degli uomini vissuti prima di noi. Tema del Festival quest’anno era l’invenzione del Futuro e domenica 10 ottobre il Festival si è concluso al Teatro Bellini con l’appuntamento più atteso: la lezione del professor Alessandro Barbero. Docente di Storia Medievale all’Università del Piemonte orientale, divulgatore, saggista e romanziere, Barbero ha tenuto una lezione dal titolo “Quando il futuro entra nella Storia”. Dopo una battuta iniziale sul ministro Brunetta, che prevede la crescita del PIL di almeno un punto nel prossimo anno, il professore esclama: “Si si, adesso lo segno!”, come Massimo Troisi al frate seguace di Savonarola nel film “Non ci resta che piangere”, comincia la lezione. Si parte dall’età antica e dai Greci, sottolineando l’importanza politico sacrale dell’oracolo di Delfi, per poi passare agli etruschi con i loro aruspici, sacerdoti che interpretavano il futuro attraverso le viscere degli animali.

Si passa poi alla Roma antica con gli auguri, coloro cioè che interpretavano il futuro attraverso il volo degli uccelli, e il collegio degli auguri, magistratura che aveva un peso molto rilevante nella Roma repubblicana. Barbero utilizza qui come fonte un trattato poco noto di Marco Tullio Cicerone, il De divinatione, un dialogo tra l’autore stesso e suo fratello Quinto, nel quale Marco fa la parte dello scettico, mentre il fratello colui che protegge e anzi spinge le nuove generazioni a comprendere, capire, rispettarle e studiarle quanto meglio si può. Si passa poi al Medioevo e alla cesura storica del Cristianesimo. Con questa nuova religione rilevata, infatti, non solo scompaiono tutte quei collegi sacerdotali che abbiamo trattato prima, ma, in un certo senso, si sa già quale sarà la fine della Storia: l’Apocalisse. E se i primi cristiani pensavano che la fine dei tempi fosse vicina (anche perché avevano assistito alla distruzione del Tempio di Salomone nel 70 d.C., evento più che apocalittico per loro), i grandi sapienti del Medioevo invece, come il vescovo Ottone di Frisinga, zio dell’imperatore Federico Barbarossa, potevano addirittura scrivere un intero trattato di storia universale con un finale dedicato alla fine della storia umana.

Una delle poche pratiche che sopravvivono nel Medioevo è quella dell’astrologia, perché gli astrologi sono per quella gente degli scienziati e perché loro riescono ad interpretare il volere di Dio attraverso le stelle. Barbero termina la sua lezione mostrando come sia difficile fare giudizi per il futuro: poco prima della pandemia, in una conferenza alla Statale di Milano, uno storico di grande fama aveva affermato che le nuove generazioni non avevano ancora avuto modo di vivere eventi di portata mondiale da ricordare come i ragazzi nati cento anni prima, cioè nel 1920. Poi è arrivata la pandemia e quello storico era proprio il professor Barbero!





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