Il rito della corrida

Dalle cacce con i tori nella Roma antica al matador moderno

    di Maria Regina De Luca

Esaltata da parte della letteratura, in particolare da Hemingway, fuori legge in Catalogna dal 2010, non condannata dalla Chiesa se fatta a scopo benefico, contestata o approvata dai gruppi musicali giovanili, la corrida continua a riproporsi in molte zone della Spagna, Portogallo, America Latina, anche se con ritualità diverse rispetto a quelle della sua origine antichissima. Già presso gli Etruschi e i Romani erano infatti in uso lotte e cacce con tori e la giostra dei tori era una festa popolare nello Stato Pontificio. Quella che giunge ai nostri giorni passa attraverso la tradizione aristocratica, perché nel XIV secolo sono i nobili a cavallo a gestire, insieme ai loro servi a piedi, le sorti del toro. Bandita dall’Illuminismo come oltraggio alla Ragione, la corrida diventa successivamente una festa popolare alla quale la nobiltà non rifiuta di partecipare.

Il rito è giunto a noi senza troppe modifiche. La sfilata iniziale di toreri, picadores, banderilleros, l’apertura della porta dalla quale il toro uscirà già eccitato dal primo dolore inflittogli precedentemente appartengono alla prima fase della festa, quella dell’esame da parte del matador del comportamento del toro e della scelta della strategia d’attacco, confronto di gran lunga a favore del matador sia per le esperienze accumulate sia per la sua consapevolezza che la lotta sarà per la vita. Il largo mantello incerato rosa e giallo cede il posto alla muleta scarlatta e la spada è in agguato, pronta a venir affondata tra le scapole della bestia ferita, stuzzicata, eccitata, indebolita da picadores armati di picche e da banderilleros con i loro aculei infiocchettati, che piega il collo offrendo il punto tra le scapole dove affonderà la lama del matador.

Il toro può a volta guadagnarsi la vita se, entro 15 minuti dal momento in cui inizia la cerimonia del colpo di grazia, il torero non riuscirà ad ucciderlo. Sarà usato per la riproduzione, e portato in trionfo alla sua stalla mentre il matador sarà fischiato e insultato. Non ci consentiamo pareri e chiudiamo con le poche parole sul tema di Jeremy Bentham: “Non importa se i tori possono parlare o ragionare, ciò che conta è che possono soffrire”.





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