Le mani danzanti di Morricone

Alla Reggia di Caserta il maestro celebra 60 anni di carriera e pezzi memorabili

    di Livia Iannotta

Ha un paio di mani scattanti e nodose, Ennio Morricone. Nocche che danzano nella calura d’inizio luglio, fluttuando nervosamente a ogni cambio di nota. Braccia che sanno. Le seguono in quattromila, con religiosa devozione, nelle due ore consacrate alla musica, in cui gli 89 anni del maestro non sembrano poi così tanti. Ennio Morricone è un ometto canuto, in giacca gessata e dolcevita pece. A soccorrere le ginocchia una sedia girevole modello ufficio, camuffata da una piccola ringhiera dorata a cui si aggrappa ogni volta che c'è da ossequiare i battimani. Dirige da seduto, in testa a una cavalleria di strumentisti con la tempra di un rampante. E invece ne ha musicati 60, di anni di carriera. È delle sue mani il palco, questa sera che si attacca al suono dei violini e ha la vanità di un rendez-vous esemplare.

Nel cortile vanvitelliano della Reggia di Caserta non c'è alcun tetto alla musica. Qui Morricone celebra il traguardo dei sei decenni da arrangiatore, compositore e direttore d’orchestra dando le spalle a una platea mista. Giovanissimi cinefili si accomodano accanto a melomani brizzolati, a testimoniare come questi brani siano repertorio trasversale, in cui si incastrano generazioni diverse, meglio di altro. Meglio della politica, per esempio, che anche questa serata fa polemica, perché mentre poche decine di chilometri più a sud fiamme dolose sfigurano il Vesuvio, il governatore campano De Luca compare placido tra le presenze istituzionali, incurante degli ettari del parco naturale fagocitati dal rogo. Ma questa è un’altra storia, e qui non trovano spazio le bagarre.

Quando la notte sorprende la Reggia, gli archi dell’Orchestra Roma Sinfonietta stiracchiano le corde. Vibrano gli ottoni, i legni sibilano al volteggio delle mani ossute del maestro. La carica dei duecento intona uno zibaldone dei memorabilia, di tanto in tanto impregnato della voce calda della portoghese Dulce Pontes. Al cinema, Morricone ha prestato qualcosa come 500 colonne sonore. Questa sera è solo un boccone, ma appagante.

Si toccano vette di fervore sulla partitura scalpitante de “L’estati dell’oro”, il pezzo forse più sentito del concerto, dal cult western "Il buono, il brutto, il cattivo" di Sergio Leone, e qui nobilitato dalla potenza vocale del soprano Susanna Rigacci e del Coro del Teatro dell’Opera di Salerno, diretto da Tiziana Carlini. Le nocche di Morricone inteneriscono nel momento del “la” per il “Tema di Deborah”, rievocando un “C’era una volta in America” che, a discapito dell’usura del tempo, non esaurisce la carica emotiva. Poi i sodalizi con Tornatore: “Baarìa” e “Nuovo cinema paradiso”, mediterranei omaggi a un’intera cultura. È ovazione a ogni pezzo. E sul suono degli applausi il corpicino in smoking si alza, mostra il volto alla platea e si china rovesciando l’orgoglio di una conduzione magistrale sulla grata dorata.

Ritroviamo il compositore civile che ha musicato pellicole come “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”, “La classe operaia va in paradiso”, “Sostiene Pereira”, “Sacco e Vanzetti”. Fino al sottofondo de “L’ultima diligenza per Red Rock” del tarantiniano “The hateful eight”, meritevole della seconda statuetta aurea agli Oscar del 2016 e giusto coronamento di una vita spesa a immaginare accordi per la settima arte. Chiude la scaletta l’intensità di “The mission”, colonna sonora cara all’artista che, su queste note, trent’anni fa, scommetteva per l’Oscar, soffiatogli poi da Herbie Hancock.

Le mani di Morricone smettono di danzare dopo aver bissato “L’estasi dell’oro” e “La Luz prodigiosa”. Il maestro esce di scena non prima di essersi piegato in uno, due, tre inchini, scortato dal fragore degli applausi. Ora che c'è da congedarsi sono le mani dei presenti a scattare, lo fanno per un quarto d’ora. Perfino quando l’orchestra svuota il palco, le viole riposano le corde, i clarinetti riprendono fiato, permane nell’aria di luglio, tra i presenti, quella sinfonia di sensazioni che rumoreggia in tutti gli incontri con i grandi.





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