Il trend giurassico ai titoli di coda

Con il nostalgico 'Jurassic World' si chiude il dominio dei dinosauri al cinema

    di Mario Vittorio D'Aquino

Con l’uscita nelle sale, dopo quattro anni d’attesa dal precedente, di Jurassic World: Il Dominio si chiude per sempre la saga dedicata al Jurassic Park, quel luogo nato da una pazza idea dal personaggio John Ammond (impersonato dal commiato Richard Attenborough) accecato da un certo “paleo-darwinismo” secondo cui è stato possibile ricreare moltissime specie di dinosauri anche nuove e potenzialmente incontrollabili nei giorni nostri e farne un parco “di divertimento”. Un’immaginazione anti-evoluzionistica e paradossale ma che da quasi trent’anni – le “porte” del primo Jurassic Park aprirono nel lontano ’93, ispirate dal romanzo omonimo di Michael Crichton e che Spielberg portò sul grande schermo – affascina milioni di spettatori, in uno scenario di convivialità surreale tra uomo e dinosauro.

L’ultimo ruggito dal Giurassico è quindi proprio Jurassic World: Il Dominio. Nella chiusura del cerchio è la partecipazione degli attori che hanno scritto la storia della prima trilogia come Sam Neill nei panni di Alan Grant, Laura Dern nelle vesti di Ellie Sattler e Ian Malcolm impersonato da Jeff Goldblum a dare manforte alle performance – piuttosto riuscite – di Chris Pratt che fa Owen Grady, il protagonista della trilogia sequel e Bryce Dallas Howard che dà vita a Claire.

A fronte di un'invasione di cavallette preistoriche che stanno attaccando i campi di grano, la Sattler sta indagando sul coinvolgimento della Biosyn, una società che ha preso in carico la crisi ecologica dei dinosauri tornati in libertà, il cui capo è uno spietato miliardario che specula sulle difficoltà che questa crisi ha comportato. Una figura che è un misto tra Steve Jobs e Bill Gates, un parallelismo che negli ultimi tempi funziona sempre così come l’assunto che sia per forza l’uomo a dover e poter invertire la rotta di un ecosistema che probabilmente si è stancato di lui, per cui anche i dinosauri sono specie “in via d’estinzione e che vanno protette”. Ed è nella Byosin che i destini del nuovo e del vecchio Jurassic si incrociano poiché i “cattivi” hanno anche sequestrato la piccola Maisie Lockwood, nipote di Benjamin Lockwood partner di Ammond della società InGen, che ha un passato segreto difficile da rivelare e che Claire e Owen hanno deciso di adottare.

Tra battute che fanno riferimento ai film precedenti e piccole ma dosate gag, si riesce a sorvolare sui passaggi più inverosimili di quella che diventa una specie di "spy story" con l'inevitabile giro turistico di un parco che non è un parco. Anche se la trama non funziona, tutto il resto sì. Quella nostalgia canaglia di rivedere il trio che tanto ha emozionato gli spettatori e i fan di questo unico sci-film, accompagnato dalla musica memorabile, e la freschezza dei nuovi personaggi è una scelta che “salva” il reboot.

Trevorrow, il regista dei Jurassic World, è un mestierante: sa usare la macchina da presa, ma manca dell'inventiva e della creatività per conquistare lo spettatore con riprese audaci e non banali ma anzi in varie scene sembrava effettivamente importante fare da passerella ai vari Neill, Goldblum e Dern. Insomma la pellicola intrattiene e diverte pure, ma sa incredibilmente di vecchio. Jurassic Park, quello del '93, lo sbrana come un T-Rex. Era un film più coraggioso e sconvolgente che ancora oggi regge il confronto nonostante gli immensi progressi tecnologici di cui ci si può dotare oggigiorno nel campo cinematografico, e probabilmente questo dovrebbe suggerirci che la serie abbia fatto il suo corso e che quelle poderose bestie meritino di riprendere vita solo sui libri di paleontologia.





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