L'Eco di Napoli
E il mare di imbecilli social
di Maria Neve Iervolino
Naviga in questi giorni per il web, approdando in particolare sui social network, una falsa citazione di Umberto Eco. La causa di questa errata condivisione da parte di numerosi utenti è stata la recente scomparsa del grande semiologo e saggista.
Come sempre alla morte di un personaggio influente e famoso, si è innescato, soprattutto in coloro che non hanno mai conosciuto “Il nome della rosa”, il bisogno di mostrarsi estimatori dell’estinto e di condividere imbarazzanti rifacimenti della sua opera. Ciò può essere dovuto in parte al bisogno di partecipare al lutto collettivo per la perdita di una eccellenza della cultura italiana, ma soprattutto alla volontà di evitare di apparire ignoranti, il risultato è un totale travasamento, da una città all’altra, del pensiero dell’autore.
Torino è, secondo Eco, la città senza la quale l’Italia sarebbe stata molto diversa, ma che senza l’Italia sarebbe stata sostanzialmente la stessa, non Napoli come invece si grida in questi giorni per i moli virtuali.
L’errore è diventato in breve tempo virale in quanto il concetto, pur se estrapolato dal contesto natio, ben si adatta anche al capoluogo partenopeo. Questo mutamento di soggetto non ha intenzioni fraudolente, ma è a sua volta ripreso dall’opera dello scrittore Antonio Giangrande, che in “Napoli e la Campania, quello che non si osa dire” riporta e sovverte il passo originario del professore piemontese. Lo scrittore napoletano non può essere accusato di furto, ma è stato egli stesso ad essere derubato di quel prestito echiano dalla collettività virtuale, non molto acuta, anzi proprio imbecille, per usare un’altra popolare, e quanto mai calzante, citazione di Eco.
Il professore dell’ateneo bolognese era un uomo notoriamente dotato di grande ironia e avrebbe trovato interessante vedere messo in pratica, a scapito proprio del suo pensiero, il diritto nato sui social di far parlare chiunque di qualunque argomento, fino a creare un pasticcio post mortem postmoderno.
Meno divertente gli sarebbe parsa la travisata condivisione delle sue parole da parte dell’account del Mattino. Viene da chiedersi se il giornale, a causa della crisi economica in cui versa l’editoria italiana, sia stato costretto a licenziare i giornalisti addetti a quell’inutile cosa che è la cultura per pescare tra un tweet e l’altro volenterosi e gratuiti collaboratori dal mare dei social, sterminato mare d’ignoranza.