Non so oziare
Riflessioni su una giornata di dolce far niente, tra storia e sogno
di Amedeo Forastiere
Ozio, dal latino otium, non fare nulla, viene contrapposto al negotium inteso come tempo attivo, lavorativo. Da piccolo, a casa mia, dove si lavorava tanto, non ho mai sentito parlare di ozio. Si correva sempre, mia madre diceva che la giornata di ventiquattro ore non le bastava per badare a tutto quello che doveva fare. A scuola una sola volta ho sentito parlare dell’ozio, durante una lezione sull’antica Grecia, lì era sinonimo di nobiltà. Sull'ozio è stato detto di tutto di più, prima condannato e poi assolto. La letteratura è piena di riferimenti. Cicerone diceva: Ozio con dignità. Ma nel tempo è diventato sinonimo di pigrizia, di inoperatività. Egidio d’Assisi lo condannò: L’uomo che stia ozioso si perde in questo mondo e anche nell’altro. Franz Kafka, esponente del modernismo: L’ozio è il padre di tutti i vizi, ed è il coronamento di tutte le virtù. Cesare Pavese, velocizzò la sua vita andandosene a 42 anni: L’ozio rende lente le ore e veloci gli anni. Roberto Gervaso: L’ozio non ci fa fare quelle cose che non avremmo comunque fatto. Potrei continuare a l’infinito, ma preferisco fermarmi qui.
Sarà che ormai ho una certa età, di esperienze ne ho fatte tante, e proprio quando credi che non c’è più niente da esperienziare, ti accorgi che ce n'è ancora qualcuna da fare, così ho deciso di oziare. Confesso, non avendolo mai fatto, non sapevo da che parte iniziare. Poi mi son detto: lo faccio a modo mio, tanto chi mi controlla? L’importante dell’ozio è il non far niente…è na parola!
Sarà pure il padre di tutti i vizi, ma credetemi non è cosa facile organizzare una giornata di ozio. Dici: uso il divano o la poltrona? Magari forse è meglio il letto! Affidare la scelta alla monetina con il testa o croce non basta, ha solo due facce, le opzioni sono tre. Per prima cosa bisogna isolarsi da tutti. Così ho spento il telefonino, staccato il telefono fisso, abbassato le tapparelle, ho staccato anche il citofono, mi son detto non si sa mai, dovesse venire qualcuno a farmi visita, gli devo fare il caffè…no no, oggi devo oziare.
Così ho optato per il letto. La mia camera da letto ha due balconi ad angolo che danno su una strada poco trafficata, le pareti tappezzate con giglio veneziano azzurro, tutto sembra fatto apposta per oziare: quando l’ho arredata non avevo questo proposito. Ho letto da qualche parte che in alcuni paesi, in particolar modo quelli dove vige un regime autoritario, è proibito oziare, ma perché? Quando mi sono addentrato nell’ozio ho capito che l’unica cosa che si può fare è pensare, è questo il motivo per cui nei paesi di regine è vietato: pensare diventa pericoloso.
Torniamo al mio oziare. Come dicevo, ho optato per il letto. La camera quasi completamente buia, tranne quel poco di luce che lascia entrare i piccoli forellini della tapparella. Non riesco a stare fermo, mi agito: il non far niente non mi appartiene proprio. Così ho decido di stare immobile, gambe e braccia spalancate, o come diciamo a Napoli: spaparanzato.
Gli occhi fissi al soffitto, tutto bianco, il colore dell’ozio. Il silenzio è assoluto, manco un’auto che passa, nessuna voce sale dalla strada, mi sono detto: come hanno fatto in paese a capire che volevo oziare? Una capacità a me misteriosa, quella che hanno nei piccoli paesi di sapere sempre tutto di tutti.
Come dicevo prima, non avendo nessuna esperienza non so come si fa ad oziare, per cui mi agito, mi giro e rigiro, prendo a cazzotti i quattro cuscini che ho sempre su letto nel vano tentativo di dargli la forma giusta per il mio ozio, ma poi qual è questa forma? Se i cuscini potessero parlare!
Il silenzio che regna nella mia camera da letto, d’improvviso viene rotto dal campanello di casa che suona insistentemente, con violenza. Al che sono quasi tentato di alzarmi per scoprire chi bussa, ma no, non posso, devo oziare, se apro la porta rompo l’incantesimo. La tentazione diventa forte, alla fine mi alzo. Delle voci rumoreggiano, guardo attraverso lo spioncino, vedo un uomo in divisa, un poliziotto…sono venuti ad arrestarmi? Non ricordo di aver commesso nessun reato…mah! L’uomo in divisa domanda alla mia dirimpettaia se mi avesse visto uscire, lei: no, non l’ho visto, ma quello è un tipo tutto strano, esce poco, sempre chiuso in casa, non dà confidenza a nessuno. No no, non l’ho proprio visto.
Il disturbatore del campanello in divisa si arrende, sento i passi che lasciano il piano. Solo dopo, una volta interrotto l’ozio, ho saputo che mia figlia, non riuscendo a rintracciarmi si era spaventata e aveva chiamato la polizia chiedendo di fare un sopralluogo… Per lo spavento che sI è presa…mi ha fatto un cazziatone.
Ritorno sul talamo dell’ozio. Dopo un po’, forse per la noia dell'inattività a cui non sono abituato, o forse per le molte ore di sonno saltate (dormo pochissimo), mi addormento. Il sonno, che viaggia sempre per i fatti suoi, mi porta nel film di Luciano De Crescenzo "Così parlò Bellavista". Divento anch’io protagonista della pellicola. Amico di Salvatore, vice portiere (Benedetto Casillo), e Saverio, netturbino (Sergio Solli).
Ai due amici, Saverio e Salvatore, che fanno sempre domande al professore per avere risposte ai loro numerosi interrogativi, mi aggiungo anch’io. Approfitto (quanto mi capiterà un’altra occasione di avere il professore Bellavista tutto per me?). La cosa strana è che nel sonno vivo ancora l’ozio, senza darmi la risposta su quale sia la sua utilità, mentre Salvatore e Saverio litigano tra di loro all’uscita di una mostra sulla Pop Art di Tom Wesselmann. Il primo sostiene che le opere dell’artista di Cincinnati siano delle stronzate, mentre l’amico Saverio dice che quella è vera arte. Così chiedono il parere del professore Bellavista, che risponde: Protagora di Abdera diceva: L’uomo è misura di tutte le cose, quelle che sono in quanto sono, e di quelle che non sono in quanto non sono. Se Saverio sostiene che i quadri di Wesselmann sono opere d’arte in quanto sono, allora è arte, mentre per Salvatore, che sostiene che non sono opere d’arte in quanto non lo sono, allora sono una stronzata.
Nella totale confusione per noi comuni mortali, m’inserisco anch’io con i miei dubbi sull’ozio (cos’è e a cosa serve), il professore risponde: I greci nell’epoca del loro splendore non avevano che disprezzo per il lavoro, solo agli schiavi era permesso lavorare. I ricchi e i nobili oziavano. Erano esclusi dal dolce far niente, dal privilegio dell’ozio, gli stranieri o i membri della classe subalterne, le persone dedite ai lavori manuali. Il professore non si sbilancia, lasciando tutti nell’incertezza, sia per la Pop Art di Tom Wesselmann, sia per la ragione dell’ozio, anche se storica e aristocratica. Bellavista mi guarda e dice: Per te l’ozio è na’ stronzata in quanto non ha ragione di esistere? Allora è una stronzata!
Mentre lascio il set cinematografico per ritornare al normale sonno, confuso per non aver capito niente sull’ozio, vedo due persone che si allontanano. Un po’ sfocate, quasi nell’ombra, ma riesco a distinguerli. Sono un uomo e una donna che si tengono per mano allontanandosi con passo lento e desolato. Lascio spazio alla mia immaginazione che non ha dubbi… Sicuramente è l’ozio, che deluso del mio operato, se ne va. E lei? Non può essere che la sua fedele compagna, la pigrizia.
Ragazzi, alla prossima.