Il popolo della notte
Quando vivi al contrario, e ti senti diverso
di Amedeo Forastiere
«Siamo noi, siamo in tanti, ci nascondiamo di notte per paura degli automobilisti, dei linotipisti. Siamo i gatti neri, siamo i pessimisti, siamo i cattivi pensieri».
Sono i versi di una canzone di Lucio Dalla, Com’è profondo il mare. L’ho appena ascoltata alla radio. Mi tornano alla mente quelli della notte, non il programma che fece Arbore con Ugo Porcelli nel 1985 e che ebbe tantissimo successo, ma tutti quelli che la notte lavorano. Sono tanti. Per elencare tutte le categorie, ci vorrebbe una Treccani.
Oltre al panettiere, che lavora tutta la notte per farci trovare a prima mattina il pane caldo e le brioches morbide, c’è la guardia giurata che gira nel silenzio della notte per controllare che nessuno rubi in qualche negozio. I poliziotti per la sicurezza dei cittadini. Quelli che lavorano nelle fonderie perché i forni non si possono spegnere. Le belle di notte, sempre pronte a sorridere con eleganza a chi è in cerca di un’ora d’amore. L’oste che resta aperto fino all’alba per il viandante che deluso dalla vita cerca la speranza di un futuro migliore in un bicchiere di Chianti. Sono tanti i lavoratori della notte. Bisogna aggiungere gli invisibili, quelli che lavorano nei giornali, per consentire l’uscita del quotidiano la mattina presto in edicola.
E qui che mi corre alla mente (ammazza quanto corre la mia mente) a quando lavoravo al giornale, e come dice Dalla nella sua canzone, ero un gatto nero, un pessimista, un cattivo pensiero. Appartenevo al popolo che vive al contrario, quando la città dorme, tutti sono al caldo nel proprio letto godendosi qualche carezza, o a preparare i preliminari per l’ora d’amore.
Eravamo i pessimisti, rassegnati a un destino senza cambiamenti, i gatti neri. Perché la gente che incrociavamo andando a lavoro ci guardava con sospetto, proprio come si fa quando s’incontra il felino nero… qualcuno addirittura si toccava pure! I cattivi pensieri (cosa starà facendo la giovane e bella moglie di notte tutta sola a casa?) erano solo cattivi pensieri. Dopo una nottata di lavoro, quando si tornava a casa, assonnati e stanchi, incrociavamo il popolo "normale" che andava a lavoro. Ci guardavano con sospetto, come fossimo degli zombi oppure, vedendoci in giacca e cravatta (perché in quegli anni così si andava a lavoro), ci scambiavano per quelli che passano la notte in uno dei tanti locali notturni sul lungomare, quando c’era la Napoli by night, in compagnia di belle donne e bevendo Champagne. Tra colleghi si faceva a gara a chi era più elegante.
Eravamo i cattivi pensieri, ma in realtà solo poveri disgraziati gatti neri, che passavano tutta la notte fuori per portare la pagnotta a casa. A inizio estate, la mattina presto, finito il lavoro mi rilassavo guardando il mare di via Caracciolo, spesso andavo con qualche collega agli chalet a Mergellina. Il cappuccino, con il cornetto caldo preparato da un altro del popolo della notte. Quattro passi su lungomare, era un rito rilassante dopo una notte di duro lavoro, guardare le prime onde ancora assonnate battere lente sugli scogli.
Ero poco più che uno sbarbatello. Alla prima esperienza da lavoratore tutto mi sembrava normale: pensavo che il mondo del lavoro fosse tutto così, di notte, vivendo la vita al contrario, mentre gli altri, tanti, mi facevano sempre la stessa domanda: Va buo’ tutta la notte svegli a lavorare, a una certa ora si spegne la luce, e buona notte ar secchio, vero? Qualsiasi cosa si fa nella vita, c’è sempre qualche scettico che non ci crede, e pronto a sminuire i tanti sacrifici.
È stato scritto molto sulla notte, su chi vive la vita al contrario, su chi nel silenzio del buio cercano quel qualcosa che nella confusione del giorno non trovano. La notte da svegli porta riflessione, qualcuno dice consiglio, ma sicuramente fa scoprire quel mondo che chi dorme non conoscerà mai. E alla fine con gli anni ci si abitua pure vivere al contrario, capovolti, sembra che siano gli altri a non essere normali, con la testa all’insù.
La notte tutto amplifica, un minimo rumore lo senti da lontano, il silenzio le dà eco. Dopo tanti anni di lavoro notturno cambiai, volevo anch’io vivere da lavoratore normale, volevo portare la domenica i bambini a passeggio proprio lì su lungomare, dove per tanti anni avevo passeggiato mangiando il cornetto con il collega. Credetemi, proprio non riuscivo a essere normale, mi sentivo sempre il gatto nero, il pessimista, il cattivo pensiero.
A volte è difficile non essere come tutti, ma poi ci accorgiamo che non ci piace essere uguali agli altri. Quando si nasce gatti neri, pessimisti, cattivi pensieri, non si può essere normale.