Tradizione e canti alla Domus Ars

Il 6 gennaio, successo per La Cantata dei Pastori, con la regia di Mariano Baduin

    di Maria Regina De Luca

Avviene spesso che un accadimento, un fatto qualunque che si verifica, venga definito evento, ossia manifestazione rivolta a mettere in luce un fatto, o un accadimento, "straordinario". Va detto che il secondo termine è usato più a sproposito che a proposito, specialmente nel mondo degli avvenimenti cosiddetti d’arte. Ma nel centro antico di Napoli, da Piazza del Gesù fino a San Gregorio Armeno, spartiacque tra decumani e Forcella, nelle lunghe celebrazioni natalizie trascorse, molti sono stati gli "eventi" prodotti da associazioni private che operano sul territorio per diffonderne la storia e che talvolta agiscono con la collaborazione degli enti amministrativi pubblici.

Di tali eventi, messi in scena nei cardini e nei decumani di Napoli da novembre, si potrebbe riempire un volume. Con spese minime, in economia di mezzi e di compensi, questi gruppi di artisti hanno diffuso a piene mani e in piena dedizione di generosa ospitalità la storia, la leggenda e l’arte che qui è di casa, e se il turismo sembra esser tornato dalle nostre parti dopo lunghe latitanze, è anche merito di questi artisti di tutte le età, le provenienze e le formazioni che egregiamente hanno disseminato di "eventi" strade e vecchie chiese, piazze e piccoli teatri del centro antico.

Oggi parliamo della Domus Ars che ha sede nella Chiesa di San Francesco delle Monache, ex convento della grande insula monastica di Santa Chiara. Dall’Orchestra da Camera di Napoli a solisti quale Francesco Pareti, Michele Bonè, ad artisti quale Antonella Morea, a cantanti quali Patrizia Spinosi è stato un alternarsi nelle varie espressioni dell’arte e della cultura di Napoli nella quale particolare spicco ha avuto il Secolo d’oro, il glorioso Seicento napoletano che è confluito nello splendido Settecento, secolo di chiusura del vecchio mondo e di apertura di nuove forme di civiltà e di vita. 

E risale al Seicento, al prolifico Andrea Perruccim, La Cantata dei Pastori che il 6 gennaio ha attirato alla Domus Ars un pubblico misto, di giovanissimi, di adulti e di turisti, in una versione si è distinta dalle altre per leggerezza e fantasia. Merito del regista Mariano Baduin che ha messo in luce la valenza didattica della rappresentazione svecchiandola da orpelli ormai triti, del contributo musicale alle belle musiche barocche di Carlo Faiello e degli attori, Antonella Morea, Franco Iavarone e Mario Brancaccio che hanno ridato vita alla intramontabile Commedia dell’Arte ricoprendo vari ruoli e indossando via via con disinvoltura i panni dei vari personaggi. I tre protagonisti hanno gestito da par loro la complessa materia nella quale si alternavano memoria e tradizione opportunamente rivisitate. 

Deliziosi momenti di sosta, i canti dei pastori magistralmente interpretati e le danze popolari sul costane filo di una scherzosa, divertita compenetrazione tra leggenda e storia, sacro e profano, preghiere e favole. Non è mancata una puntualizzazione sul significato del Presepe, dei suoi simboli, dell’arco temporale che lo ha visto evolversi in opera d’arte da scultori settecenteschi, ma senza mai sottovalutandone l’importanza altamente allegorica che lo rende ininterrottamente oggetto di studio da parte di ricercatori e di artisti, di filosofi e di matematici perché ogni linea delle sue rocce muschiate e ogni personaggio che ne occupa spazi ormai prefissati ha il suo significato simbolico, senza conoscere il quale il presepe perde quel valore accumulato nei secoli. Tra i bravissimi protagonisti e coprotagonisti, ognuno perfetto nella sua parte, una citazione merita il giovanissimo e super-bravo attore-pastorello Benino, dal cui sogno tutto il presepe prende vita e dispiega la sua tenerezza e la sua pregnanza di significati che i millenni continuano ad arricchire.





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