Secondo Billy Sacramento
Iuppiter Edizioni
di Redazione
Londra. Una fiumana sterile dall’anima fredda. Persone che non hanno umanità ma solo corpi che si muovono in un vortice sempre più veloce con l’approssimarsi dell’ora di punta, del rush-hour. Al centro di questo moto senza scopo c’è Billy Sacramento. Per lui il rush-hour è una medicina che presto diventa veleno. È una discesa infernale che nel silenzio di mille voci che parlano senza avere nulla da dirsi per sopprimere le urla. Una abisso di corpi sconosciuti viscidi di sudore che s’incontrano e si stordiscono. Sensazioni animalesche per sopprimere un’umanità già stordita.
In copertina un uomo dai capelli lunghi ed il viso segnato, vestito di nero. Il suo sguardo ci dice che non è un santo, tra le braccia tiene un agnello bianco. D’impatto visivo la linea scelta per la collana “Memento” della Iuppiter Edizioni che riunisce gli “scritti dal cinema per il cinema e sul cinema”. Una collana moderna che introduce interessanti novità come il “memento link” un’appendice che chiarisce i numerosi riferimenti presenti nel testo dal cinema alla musica e alla cultura popolare.
Incontriamo il nostro protagonista inchiodato ad una croce di legno, tenuto senza cibo né acqua, mentre fa pensieri sopra l’identità, ma non è il Cristo, è uno dei ladroni in un musical londinese. Billy è un quarantenne dalla vita volutamente sregolata, la sua trinità è rappresentata da “sangue sudore e sesso”. Il suo problema è la “sacramento” una malattia dell’alienazione, più occidentale della depressione, che viene curata e alimentata da droga e “ragazze pronto soccorso”. Il rapporto con queste ragazze giovani e sbandate è frugale, imita l’amore. Billy cerca di ferirsi e di allontanarsi da sé anche mentre sussurra “ti amo”. Questo è il percorso di Billy, un continuo attimo fuggente, che al contrario del film non è mai tenero o innocente.
I numerosi riferimenti a film simbolo della cultura americana come Armageddon e Shining, danno la misura per comprendere l’influenza della cultura anglosassone presente nella vita del protagonista, come dell’autore, l’attore salernitano emigrato a Los Angeles Gugliucci, che alla sua seconda prova come scrittore si mostra riconoscente verso la sua patria adottiva. Tra Londra e “Los Aliens”, Gugliucci tiene alta l’attenzione del suo giovane pubblico con una prosa semplice e lineare e situazioni paradossali, in un climax che terminerà con una sparizione, o presunta tale: una lapide ed un epitaffio in pieno stile pulp: “See You Later”.