Confini apparenti

Dal 7 ottobre alla Intragallery la doppia personale di Tristano di Robilant e Josè Angelino

    di Liberato Russo

Che ci sia un'affinità tra Tristano di Robilant e Josè Angelino lo si intuisce dalla natura e dalla forma delle loro opere. Nonostante la diversità geografica (l'uno londinese, cresciuto tra l'Italia e l'Inghilterra, ora di base a Ripabianca in Umbria; e l'altro originario di Ragusa ma romano d'adozione), ben più ampia di quella anagrafica (il primo è del '64, il secondo del '77), la loro arte sembra dialogare fino a mescolarsi, pur nella specificità delle due visioni, in vetri colorati e sculture liquide, cangianti.

Più che una semplice mostra, quella che Intragallery, nei suoi spazi espositivi di Chiaia dedicati all'arte contemporanea (via Cavallerizza, 57), si prepara ad ospitare sarà un ideale dialogo tra due anime artistiche affini e uno stimolante confronto intergenerazionale tra opere e visioni. L'idea della doppia personale Confini apparenti è nata dopo il successo della prima personale di Tristano di Robilant alla Intragallery, nel dicembre 2015, e successivamente al suo impegno per la mostra tenutasi tra dicembre del 2016 e aprile 2017 al "Museum of Contemporary Art San Diego”. La galleria ha così chiesto a di Robilant di immaginarsi in un ideale dialogo con un altro artista, a lui affine, da lui prescelto. E la scelta è ricaduta su Josè Angelino. 

L'opening della mostra, nonché avvio della stagione espositiva 2017/2018, è previsto per il 7 ottobre, a partire dalle 11:30, e sarà visitabile fino al 18 novembre.

Le sculture in vetro di Tristano di Robilant, con le loro irregolari e movimentate superfici, hanno un soffio di incompiutezza e casualità, dalle forme quasi liquide, apparentemente semplici ma non classificabili. “Non a caso si tratta di forme enigmatiche, nate da sogni che attingono a un continente interiore, un mare originario, ma anche a un altro io, il doppio che abita dentro di noi.”, dice Tanja Lelgemann. Per Tristano di Robilant la stretta collaborazione con artigiani e con i maestri vetrai di Murano è fondamentale: sono loro che riportano nella materia le sue idee trasformandole in opere di una bellezza maestosa e ancestrale.

Le sculture di Josè Angelino sono costituite da scatole di vetro e ampolle, ove l’artista, dopo avervi creato un vuoto assoluto all’interno, vi immette gas Argon. La ricerca di José Angelino si fonda sul binomio arte-scienza, creando un nuovo linguaggio, derivato dalle materie più leggere e da profondi saperi, quali la fisica, la filosofia e l’astronomia: partendo dall’analisi di quelle dinamiche naturali che si manifestano nello sviluppo di un evento, ne evidenzia preferenzialità ed organizzazioni, realizzando così uno strumento di indagine sull’indefinita linea di confine tra la necessità di accadere e l’adattamento all’ambiente. “Quella cui il pubblico assiste è un’apparizione. Flussi di luce cangianti per forma e colore passano davanti agli occhi, indefinibili e impalpabili.  L’effetto è quello di una inarrestabile scrittura luminosa, metafora del divenire incessante”, commenta Anna D’Elia.

Ad accomunare i due artisti è la tensione creativa, il sentire poetico verso la leggerezza e l’impossibilità di osservare linee di confine che siano realmente nette, attraversando tutti gli apparenti confini legati alla fragilità della materia, per poi disvelarli nella loro realtà, esili limiti che non vincolano le loro visioni.

 

Tristano di Robilant

Proust a Venezia (Indaco); 82x35x35 cm; vetro soffiato Murano; 2016

 

José Angelino

Vetro, acciaio, gas argon, corrente elettrica; 450x250x50 cm





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