Sliding doors al call center

Dietro ai colossi telefonici

    di Maria Neve Iervolino

Il telefono squilla. Numero 02… «Salve signore, sono Elena la chiamo in merito alla telefonia…»

È quello che accade quasi ogni mattina in moltissime case italiane. Il cliente frustrato dalle innumerevoli chiamate e dall’insistenza dell’operatore reagisce in maniera più o meno violenta, variabile data da quanta rabbia il potenziale utente ha accumulato nei confronti dei molesti colossi telefonici. Ciò che sfugge sempre al cliente però è l’umanità della persona che l’ha contattato. È più comodo pensare di stare offendendo qualche grande azienda senza volto, ma con una voce a portata contro la quale è possibile ribellarsi.

Ma come funziona quel mondo all’altro capo del filo? In realtà le varie Elena, Anna, Sara, non hanno idea di come funzioni la grande impresa telefonica per cui vendono le offerte, non solo non la conoscono ma non sono neanche sue dipendenti: gli operatori vengono assunti a progetto da una società di privati che gestisce il traffico del committente telefonico.

A causa di un gioco di coincidenze gli operatori che propongono offerte e appuntamenti hanno attraversato le porte scorrevoli di un call center. Nella maggior parte dei casi si tratta casi ragazze e ragazzi tra i diciotto e i trent’anni che guadagnando due euro l’ora gravano meno sui genitori, specie se sono anche studenti fuori sede, studenti giovanissimi che vogliono fare un’esperienza lavorativa, oppure ragazzi che a causa del contesto sociale in cui sono nati non hanno avuto la possibilità di accedere a un’istruzione superiore.

Migliaia di volti, ognuno con una storia diversa, ciò che li unisce è sempre la precarietà. Lavoratori non tutelati fagocitati da un sistema enorme che sfruttandoli tritura il piccolo consumatore dall’altra parte del filo.





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