Cambio di stagione e altre mutazioni poetiche

La nuova raccolta poetica sul cambiamento di Floriana Coppola

    di Enza Silvestrini

Floriana Coppola è un’artista versatile (autrice di romanzi, raccolte poetiche e opere visive) capace di coniugare la scrittura con un’intensa volontà etica. Per questo, anche gli studi in analisi transazionale e in cultura di genere si inverano nella sua capacità progettuale, nel suo impegno, nei suoi libri. Così Cambio di stagione e altre mutazioni poetiche (Oèdipus, 2017) raccoglie già dal titolo molti significati: il passaggio stagionale reale e metaforico, il cambiamento e il modo di prepararsi ad esso, la complessità della parola mutazione.

Nel libro c’è come un doppio inizio affidato alle parole siamo (Siamo malgrado tutto una famiglia è il verso iniziale della poesia di apertura, isolata attraverso una pagina bianca dagli altri componimenti) e scrivo (parola iniziale del primo testo). La compresenza della prima persona plurale e della prima singolare riassume il senso di un percorso nel contempo personale e collettivo. Il noi è anche l’identità o le identità sociali dell’io, i ruoli che deve indossare, gli schemi che deve rompere, una serie di strati più o meno profondi. Il confine tra io e noi è sottilissimo e Floriana Coppola lo sposta di continuo per poterlo indagare. Il confine è esteriore e interiore.

Siamo e scrivo segnano anche la compresenza di essere e scrivere: uno stare al mondo e pensare il mondo, e se stessi nel mondo, attraverso la scrittura. Questi due piani si intersecano continuamente. In fondo quello che l’autrice descrive è un processo di mutazione del soggetto, di un auto smascheramento dell’io.

Apro ogni giorno la porta di casa e vado: l’alternanza tra dentro e fuori è anche scandita nella dialettica, molto presente nel libro, tra i luoghi chiusi (casa, stanza…) e i luoghi aperti (vicoli, strada, pianura …) con una prevalenza dei luoghi chiusi perché sono lo spazio dell’interiorità e della prigionia in cui l’io si dibatte per uscire. È un’alternanza che prende corpo soprattutto in un luogo: la metropolitana. Andare in metro è come diventare una goccia di un fiume di volti scrive l’autrice in “Metropolis”, un luogo dove si confondono partenza e approdo, un confine. E su questa immagine poetica del confine c’è una particolare insistenza: molte parole convergono verso questa aria semantica. Tra esse la parola sutura è particolarmente densa perché segno della lacerazione e della cura, spia di quanto la lingua sia materica. Il percorso che poeticamente si disegna è un viaggio inscritto nel corpo, nelle sue fibre, nei suoi cambi di stagione. Ma affinché il viaggio cominci c’è bisogno di amore: L’amore quando è profondo precipita ogni essere e lo innalza in volo, l’autrice ripete come un mantra nell’ultima poesia.

È un bell’augurio per tutti noi.





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